Telegram bloccata in Brasile: cos’è successo, e come finirà
Telegram bloccato in Brasile. L’app di chat è stata temporaneamente sospesa per la sua mancata collaborazione nel corso delle indagini condotte da parte delle autorità brasiliane su alcuni gruppi neo-nazisti attivi sulla piattaforma attraverso gruppi e canali antisemiti; all’interno di questi spazi virtuali si sarebbe radicalizzato il giovane adolescente ritenuto responsabile dell’uccisione di tre insegnanti e di una studentessa di 12 anni, nonché del ferimento di altre tredici persone nel corso di due sparatorie differenti avvenute entrambe all’interno di scuole pubbliche Aracruz, nello Stato di Espirito Santo.
Ed è sempre un giudice di questa regione, Wellington Lopes da Silva, ad aver disposto non solo la sospensione dell’app con tanto di rimozione dai principali store di applicazioni, ma anche una multa pari a 180.000€ al giorno. Non è la prima volta che Telegram riceve un provvedimento del genere: nel 2022 aveva subito un ban temporaneo per ragioni simili; il tutto però era stato risolto velocemente.
Siete pronti per scoprire le ragioni che hanno portato le autorità brasiliane a bloccare Telegram, e perché questa volta potrebbe non finire bene?
LE RAGIONI DEL BAN
Un blocco che non è il primo, ma che potrebbe essere l’ultimo. I toni adottati dal fondatore dell’applicazione, Pavel Durov, non sono diversi da quelli utilizzati per descrivere situazioni che l’app ha già affrontato in passato: gravi, pesanti, quasi apocalittici. «Non importa quale sarà il prezzo: difenderemo i nostri utenti brasiliani e il loro diritto a comunicazioni private».
A motivare simili parole è stata la decisione, da parte del giudice Wellington Lopes da Silva, di sospendere temporaneamente l’applicazione nel Paese: l’ordine, partito dagli scranni di una corte dello Stato di Espirito Santo, impone ai fornitori di servizi TLC di impedire l’accesso ai servizi dell’app, così come obbliga Apple e Google a rimuovere Telegram dai propri marketplace. Una richiesta che finora solamente la casa di Cupertino ha dato seguito, dato che Telegram rimane accessibile dal Play Store brasiliano nell’ora di pubblicazione di questo articolo.
La sospensione è accompagnata anche da una multa: per ogni giorno che Telegram trascorrerà senza aver accolto le richieste della corte, dovrà pagare una sanzione pari a 180.000€ (un milione di real brasiliani) – che la corte potrebbe decidere persino di raddoppiare. Essendo ormai passate 48 ore dalla disposizione, il debito di Telegram verso il governo del Brasile ammonta dunque a circa 360.000€, e continuerà ad aumentare, insieme alla tensione tra le due realtà.
Perché si è arrivati a una simile escalation? La risposta va cercata tra le cause che portarono, il 25 novembre 2022, il sospettato Gabriel Rodrigues Castiglioni (al tempo sedicenne) ad aprire il fuoco su due scuole di Aracruz, città situata nello Stato brasiliano di Espirito Santo. L’attentato avrebbe poi portato alla morte di tre insegnanti e di una ragazza di dodici anni, nonché al ferimento di altre tredici persone, tra studenti e personale scolastico. All’interno del telefono di Castiglioni, in seguito arrestato dalla Polizia Federale brasiliana, venne trovato un profilo Telegram, piattaforma sulla quale si sospetta che l’adolescente si sia radicalizzato.
Il suo profilo risultava infatti iscritto a canali e gruppi neo-nazisti e di estrema destra (movimenti a cui Castiglioni si iscriveva, come testimoniato dalla fascia con svastica indossata il giorno dell’attentato), all’interno dei quali sono stati trovati dei contenuti inneggianti alla violenza, all’odio razziale, all’apologia del nazismo – oltre a istruzioni pratiche per condurre omicidi e la costruzione di bombe artigianali.
Le autorità hanno dunque richiesto alla piattaforma i dati relativi agli amministratori di questi gruppi: secondo il giudice da Silva, Telegram avrebbe fornito informazioni solamente sull’amministratore del canale Telegram “Brasilian Anti-Semitic Movement”, ma non sui membri e i gestori di gruppi similari, come “Anti-Semitic Front”.
Secondo Telegram, le richieste sono «tecnicamente impraticabili» in quanto gli amministratori dei suddetti gruppi avrebbero cancellato ogni contenuto riguardante la propria presenza online, rendendo impossibile per l’app procedere con la loro identificazione. Una giustificazione che tuttavia non soddisfa le autorità, che hanno dunque proceduto con il blocco.
COME SI È ARRIVATI A TANTO
Il blocco di Telegram non è tuttavia completamente motivabile attraverso la sola osservazione delle carte processuali. La sospensione, unitamente alla multa salata, sono un atto estremo, le cui motivazioni meritano un ulteriore approfondimento.
La prima traccia è da cercare nell’attentato dello scorso novembre, simile nel suo svolgimento a quanto accaduto nelle ultime settimane in altre scuole del Paese. Il ministro della Giustizia brasiliano Flavio Dino è stato infatti costretto a intensificare i propri sforzi per contrastare un inaspettato aumento di attacchi contro gli istituti scolastici brasiliani: tra il 5 e il 12 aprile ne sono avvenuti ben quattro, che hanno portato alla morte di quattro bambini tra i quattro e i sei anni e al ferimento di tredici persone. Le indagini hanno portato all’arresto di 302 indagati, sospettati di aver pianificato o minacciato di attuare massacri del genere, mentre altri 1.738 casi sono in fase di investigazione.

Unitamente alle indagini sul campo, spiega il New York Times, Dino ha firmato due settimane fa un ordine esecutivo che consente alle autorità giudiziarie di richiedere la rimozione di elementi online considerati violenti, così come di condurre ulteriori approfondimenti sul ruolo delle piattaforme nella diffusione di questi contenuti, per verificare eventuali negligenze nella loro moderazione. Telegram è sospettata appunto di non aver fatto abbastanza per evitare che i già citati gruppi anti-semiti promuovessero attivamente questo genere di attacchi.
Ciò spiega le parole di fuoco che il ministro ha rivolto a Telegram: «è all’interno di questi network [Telegram, ndr] che agisce il cosiddetto movimento antisemita. E sappiamo che ciò è alla base della violenza contro i nostri figli, i nostri ragazzi.»
Sicuramente non ha giovato a stemperare i toni il ruolino di Telegram nei confronti delle autorità locali. L’applicazione viene da un anno difficile in Brasile, nel quale l’app è stata bloccata appena un anno fa per non aver fornito all’interno delle tempistiche previste un piano per combattere la disinformazione in vista delle turbolente elezioni presidenziali dell’ottobre 2022. Allora tuttavia il ban era stato risolto in un paio di giorni, dato che – a detta dell’applicazione – la causa della mancata collaborazione era dovuta a un indirizzo email errato, a cui la richiesta era stata inviata e al quale Telegram non aveva tuttavia accesso. Per l’occasione, il governo brasiliano aveva addirittura ricevuto le scuse ufficiali di Pavel Durov, che si era scusato con la Corte Suprema brasiliana «per la propria negligenza».
Questa volta la situazione sembra essere più grave. Telegram viene percepito come un’entità “inaffidabile” dal punto di vista sia giuridico che della moderazione dei contenuti. Nel gennaio 2023, l’app era stata multata di 1,2 milioni di real (circa 200.000€) per non aver bloccato l’accesso al canale di un deputato che inneggiava a un colpo di stato; il quotidiano brasiliano O Globo cita il caso del canale neo-fascista Canais Antissemitas BR, chiuso alla fine del 2022 per ordine di un giudice ma poco dopo riaperto dallo stesso amministratore, con gli stessi contenuti (grazie a un provvidenziale backup), senza che nessuna azione di censura venisse poi operata da Telegram.
Secondo il marshal federale Leopoldo Lacerda, tra coloro che hanno richiesto il blocco dell’app, Telegram «non collabora con le autorità, il che rende la piattaforma un mezzo per crimini atroci», aggiungendo poi che Telegram non avrebbe fornito assistenza nel caso di altre indagini, riguardanti minacce alle scuole e abusi su minori.
E ORA?
Cosa succederà ora?
I toni sono molto aggressivi, da entrambe le parti, e una soluzione non sembra a portata di mano. Telegram ha infatti la facoltà di appellarsi a una corte di grado superiore per chiedere lo sblocco dei propri servizi; ciò succederà tuttavia solo se le verrà riconosciuta l’impossibilità effettiva di reperire i dati richiesti dagli investigatori – che è poi la versione adottata dal suo CEO, Pavel Durov, considerata però «inaccettabile» dal giudice da Silva.
Nel messaggio pubblicato nella giornata di ieri, insieme all’annuncio del ricorso Durov ha persino anticipato la possibilità che Telegram abbandoni il mercato brasiliano.
«La missione di Telegram è preservare la privacy e la libertà di parola in tutto il mondo.
Nei casi in cui le leggi locali vadano contro questa missione o ci impongano requisiti tecnologicamente irrealizzabili, a volte dobbiamo abbandonare tali mercati. In passato, paesi come Cina, Iran e Russia hanno vietato Telegram a causa della nostra posizione di principio in materia di diritti umani. Tali eventi, sebbene sfortunati, sono ancora preferibili al tradimento dei nostri utenti e delle convinzioni su cui ci siamo fondati.»
Il messaggio del fondatore di Telegram non è completamente esatto: l’autorità per le telecomunicazioni russa, il Roskomnadzor, ha revocato nel 2020 il ban imposto all’app nel 2018 più per incapacità tecnica di bloccare il traffico verso Telegram che per successivi accordi politici. Tuttavia, la sostanza non cambia: dovessero le autorità locali insistere per ottenere dati che l’app non può fornire, la soluzione non potrà che essere l’abbandono del Paese (da un punto di vista giuridico e politico, non certo funzionale).

Dovesse accadere, ne avrebbe da giovare sicuramente il suo diretto concorrente: WhatsApp. L’app di chat, che pure aveva subito ben quattro diversi ban tra il 2015 e il 2016, gode oggi nel Paese di una grande diffusione ed è stata recentemente teatro della sperimentazione su massa scala di quella che sarà la futura miniera d’oro di Meta (proprietaria dell’applicazione): i pagamenti in-app. Telegram, pur possedendo da ben più tempo una tecnologia di pagamento integrata, non ha mai posto una seria minaccia in questo senso, ma un suo ban definitivo spianerebbe certamente la strada al dominio di WhatsApp nel più popoloso Stato sudamericano.
Il clima politico in Brasile non giova sicuramente allo stemperamento dei toni. Nelle prossime settimane verrà discussa l’approvazione del cosiddetto «PL das Fake News» (“legge anti-fake news”), un pacchetto di provvedimenti che, nelle intenzioni del governo di centro-sinistra guidato da di Inàcio Lula da Silva, dovrebbe ridurre la diffusione di notizie false su motori di ricerca e social network, ma che secondo le opposizioni di centro e di destra e alcuni osservatori indipendenti potrebbe ridurre la libertà d’espressione nel Paese.
La stessa maggioranza politica potrebbe non vedere Telegram di buon occhio, in quanto considerata uno strumento-chiave per la propaganda di estrema destra nel Paese: Jair Bolsonaro, ex-presidente brasiliano oggi indagato per un tentato colpo di stato, possiede un canale da oltre due milioni di follower; suo figlio Carlos (“Carluxo”) gestisce un canale da quasi 200.000 iscritti.
La vicenda, insomma, non sembra avere un finale già scritto. Qualora infatti il ricorso presentato da Telegram dovesse essere accolto, l’app potrebbe subire un secondo ban – questa volta dovuto alla violazione del Codice dei Consumatori brasiliano. Wadih Damous, segretario del Nacional do Consumidor, insieme al ministro Dino ha annunciato che aprirà un procedimento sanzionatorio contro Telegram, rea di non aver presentato un piano di prevenzione della diffusione di contenuti pericolosi contro le scuole. «Telegram è l’unica piattaforma a non averlo fatto», ha detto Damous in conferenza stampa. «È tradizionalmente difficile parlare, è difficile dialogare con Telegram», ha poi aggiunto. In caso di condanna, Telegram potrebbe infatti subire un nuovo ban, come previsto dal Còdigo de Defesa do Consumidor.
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