AdGuard vuole bloccare le pubblicità su Telegram

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Le pubblicità su Telegram non piacciono ad AdGuard. Non sorprende che un software ideato per bloccare le pubblicità moleste online sia contrario a una forma di promozione via sponsor qual è quella che Telegram ha introdotto, seppur sottoforma di testing, da qualche mese; eppure, le critiche mosse da AdGuard verso le pubblicità su Telegram sono tanto puntuali da meritare un momento di riflessione collettivo. Le pubblicità su Telegram sono giuste tout-court poiché rappresentano il viatico per l’indipendenza finanziaria della piattaforma, oppure sarebbe il caso di discutere sul metodo e sulla forma di come sono state implementate?

Siete pronti per scoprire tutto quello che AdGuard ha da dire a proposito delle pubblicità su Telegram?

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IL CONTESTO

Nata nel 2009 a Mosca, spostatasi nel 2013 a Cipro, AdGuard è una delle principali soluzioni per il blocco online delle pubblicità. La sua popolarità è assurta nel corso degli anni conseguentemente all’aumento del numero e delle tipologie di pubblicità adottate dalle testate giornalistiche online nonché praticamente da qualunque sito web, trasformatesi da forma di auto-finanziamento a impedimento effettivo alla lettura dei contenuti all’interno delle suddette piattaforme online.

La redazione di AppElmo.com precisa che le forme di promozione pubblicitaria adottate nelle proprie pagine sono sempre state conformi ad altissimi standard di lettura e di fruizione dei contenuti. Dato che la promozione pubblicitaria rappresenta ancora oggi la nostra principale fonte di finanziamento, vi invitiamo a disattivare l’AdBlocker durante la visita del nostro magazine così non solo da accertarvi della fondatezza dei nostri proclami, ma anche per contribuire a finanziare la nostra attività di informazione. Grazie.

A causa dei tanti tentativi andati a vuoto di trovare una forma di finanziamento che fosse più consapevole e meno intrusiva della privacy, la pubblicità rimane ancora oggi una delle forme più usate di autofinanziamento. Persino per Telegram, app che sin dalla sua fondazione si è fatta portavoce di un nuovo modo di interloquire con la propria userbase e, indirettamente, con i dati che essa fornisce.

Nel novembre 2021 è stata infatti introdotta la Telegram Ad Platform: un network pubblicitario che consentirà a Telegram a diventare finanziariamente indipendente dall’aiuto economico finora fornito dal suo fondatore, il miliardario Pavel Durov. Benché non esente da polemiche, la sua introduzione è stata favorevolmente accolta dalla base d’utenza della piattaforma, che ora conta più di mezzo miliardo di account attivi al mese.

La stessa struttura delle pubblicità lascia ben sperare che un nuovo approccio alla promozione pubblicitaria sia possibile: similmente a quanto fatto da altre aziende impegnate nella privacy, come il motore di ricerca DuckDuckGo, le pubblicità su Telegram sono contestuali; non sfruttano i dati personali degli utenti; sono composte esclusivamente da testo; possono promuovere solo prodotti interni a Telegram, come bot e canali (niente collegamenti esterni); vengono visualizzati solo nei canali con più di 1.000 utenti.

Le aspettative erano molto alte, così come confermato in apertura del post sul blog di AdGuard dove l’AdBlocker si scaglia contro le pubblicità su Telegram: cos’è dunque andato storto?

ADGUARD CONTRO TELEGRAM

Le osservazioni mosse da AdGuard sono puntuali e vertono su diversi punti critici delle pubblicità su Telegram.

Il primo riguarda sicuramente la loro varietà, ed è anche lo stesso che porta ai passaggi negativi successivi. AdGuard individua 18 canali che complessivamente hanno preso parte alla prima fase di testing delle pubblicità su Telegram, due dei quali riferiti a Pavel Durov stesso. Il problema, segnalato più e più volte anche dagli iscritti al nostro gruppo Telegram ufficiale @appelmeggiando, è che così poche pubblicità sono state distribuite in tutti gli spazi pubblicitari disponibili, rendendo così gli sponsor rindondanti e poco efficaci, suscitando una comprensibile reazione di noia e fastidio.

Anche la loro posizione è un punto critico: in fondo al canale. Le pubblicità su Telegram appaiono in fondo ai messaggi, nella convinzione che rappresenti l’ultimo post visto da un utente scorrendo le pubblicazioni di un canale. Secondo AdGuard, e secondo anche la nostra esperienza diretta, in realtà si tratta del primo contenuto visto da un utente accedendo a un canale, i cui messaggi vengono di solito “accumulati” e visualizzati partendo dunque dalla fine e scorrendo verso l’alto per visualizzare generalmente solo i messaggi più recenti. Pertanto gli utenti vengono costretti a guardare le stesse pubblicità, immediatamente e ripetitivamente.

Per non parlare poi del loro contenuto: dato l’esiguo numero di pubblicità, vi è anche un problema di varietà dei contenuti dei messaggi pubblicitari che non si coordinano con le tematiche dei canali, come era stato inizialmente promesso. Parlando poi dell’oggetto delle promozioni – in Italia si tratta esclusivamente di criptovalute, NFT e altri progetti correlati – nel post di AdGuard ci si domanda se ci sia una qualche forma di moderazione che eviti che nei messaggi pubblicitari si promuovano dei progetti-truffa di criptovalute fasulle (“shitcoins”), come spesso accade. Secondo il parere di chi scrive… no, non c’è.

Poi c’è il problema dei guadagni generati dall’applicazione con la pubblicità. Telegram sostiene che condividerà i profitti con gli amministratori dei canali che, seppur non volendo, mostrano gli annunci ai propri follower. Il problema, dice AdGuard, è che questo avverrà solamente quando l’app avrà ripagato i costi dei propri server attraverso la pubblicità, un momento che per ora è ben lontano.

La cosa più importante, però, riguarda il rapporto di fiducia tra Telegram e la sua utenza. Un rapporto che si è rotto nel momento in cui l’applicazione ha iniziato a mostrare annunci pubblicitari, pur avendo promesso nero su bianco sul proprio sito che non l’avrebbe fatto. Certo, l’app ha poi aggiornato i propri termini eliminando ogni riferimento a questa promessa, ma la memoria di Internet non perdona.

Le pubblicità su Telegram sono state anche fonte di un curioso contenzioso tra Telegram e un client di terze parti. Chi ci segue saprà che Huawei, non avendo più accesso ai servizi di Google a causa delle sanzioni statunitensi, ha dovuto ripiegare su uno store di applicazioni proprietario, chiamato Huawei App Gallery. Tra le regole imposte in seguito all’aggiornamento che ha introdotto le pubblicità su Telegram, c’è anche l’obbligo per tutti i client di terze parti di mostrare le pubblicità, pena la revoca dell’accesso delle API: è quanto accaduto al client presente sull’App Gallery di Huawei. E AdGuard sostiene che la colpa di tutto ciò sia di Telegram. Non siamo stati in grado di verificare questa accusa, anche se ci sembra difficile sia campata per aria.

SI POSSONO BLOCCARE LE PUBBLICITÀ SU TELEGRAM?

AdGuard è molto categorica di fronte alla possibilità di bloccare le pubblicità su Telegram utilizzando la sua suite di AdBlocking: no, non si può fare. Essendo un’app di chat sicura, AdGuard non può bloccare la visualizzazione degli annunci pubblicitari su nessuno dei client di Telegram, a parte la sua versione Web (web.telegram.org) dove però le pubblicità non sono ancora state introdotte.

AdGuard specifica però di essere allo studio su un metodo efficace per bloccare le pubblicità all’interno dell’app di Telegram.

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Fonte AdGuard
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