Pubblicità su Telegram, cosa sappiamo finora (e cosa invece no)
Le pubblicità su Telegram faranno presto il loro ingresso nell’app. Questa è la promessa di Pavel Durov, fondatore dell’applicazione di messaggistica e da qualche tempo araldo di una nuova funzionalità, le pubblicità su Telegram, che dovrebbero rivoluzionare il sistema di advertising informale che a oggi rappresenta l’unica forma di promozione tra canali.
I canali Telegram, benché siano in circolazione dal 2015 e siano la principale formula d’intrattenimento a disposizione per gli utenti dell’app, non possiedono una directory davvero unificata e senza sponsorizzazioni reciproche rischiano di finire nel dimenticatoio. Le pubblicità su Telegram dovrebbero dunque rispondere, almeno in parte, alle necessità degli amministratori di canali – ma come funzioneranno, e quali saranno le conseguenze per gli utenti normali?
Abbiamo raccolto in questo articolo tutte le informazioni a oggi conosciute sulle pubblicità su Telegram: siete pronti per scoprire come funzioneranno, quanto costeranno e se useranno (o meno) i dati degli utenti?
PUBBLICITÀ? SÌ, GRAZIE!
I canali Telegram sono le “pagine Facebook” dell’app di chat: una chat unilaterale dove solo gli amministratori del canale possono pubblicare contenuti di qualunque genere mentre tutti gli altri, nel ruolo di lettori, possono solamente interagire nelle forme e nelle modalità consentite dagli amministratori stessi.
Benché estremamente popolari e in circolazione dall’autunno del 2015, i canali Telegram – e i loro amministratori – non dispongono di mezzi ufficiali per pubblicizzarsi, e conseguentemente per accrescere la propria base di lettori. La ricerca unificata, l’unico mezzo per scoprire nuovi canali, non aiuta: innanzitutto perché non filtra i risultati in base alla regione di residenza dell’utente – di conseguenza, per esempio, qualunque canale persiano o arabo (e dunque mediamente incomprensibile per un utente italiano) può infiltrarsi tra i risultati di una ricerca solo perché corrisponde alla parola chiave cercata. Secondariamente, vengono mostrati solamente tre risultati – tutto quello che sta al di sotto è come la “seconda pagina di Google”: virtualmente inesistente.
Gli amministratori di canali, una volta resisi conto che non avrebbero ricevuto un aiuto tanto presto da parte del team dell’app, hanno organizzato un sistema di sponsorizzazione informale. Esso consiste nella più semplice delle formule: tu pubblicizzi il mio canale, io pubblicizzerò il tuo. Ovviamente il tutto avviene secondo regole non scritte di fiducia reciproca; tuttavia, specie nel caso dei canali più grossi, avviene che la sponsorizzazione sia a pagamento e che dunque il patto informale si evolva in un contratto commerciale, anch’esso comunque “informale”, e che riguardi siti web esterni e circuiti di advertising di terze parti. Alcuni si sono addirittura organizzati in network di canali, una forma di associazionismo che basa la sua forza sul numero di partecipanti.
Ovviamente tutte queste soluzioni sono, nel migliore dei casi, un po’ arrabattate. Era dunque solo questione di tempo prima che arrivasse la pubblicità su Telegram. A parlarne per primo è stato Pavel Durov, fondatore dell’app, in un post pubblicato all’interno del suo canale nel dicembre 2020, in occasione del raggiungimento dei 500 milioni di utenti:
Oltre alla sua componente di messaggistica, Telegram ha una dimensione di social networking. I nostri enormi canali pubblici uno-a-molti possono avere milioni di iscritti ciascuno e sono più simili ai feed di Twitter. In molti mercati i proprietari di tali canali mostrano annunci per guadagnare denaro, a volte utilizzando piattaforme pubblicitarie di terze parti. Gli annunci che pubblicano sembrano messaggi normali e sono spesso invadenti. Risolveremo questo problema introducendo la nostra piattaforma pubblicitaria per i canali pubblici uno-a-molti, che sia di facile utilizzo, rispetti la privacy e ci consenta di coprire i costi dei server e del traffico.
Se Telegram inizia a guadagnare, anche la community dovrebbe trarne vantaggio. Ad esempio, se monetizziamo grandi canali pubblici uno-a-molti tramite la piattaforma pubblicitaria, i proprietari di questi canali riceveranno traffico gratuito in proporzione alle loro dimensioni.
A questo messaggio, ne è seguito un secondo, pubblicato il marzo successivo:
[…] le pubblicità finora prese in considerazione sono solo quelle in grandi canali uno-a-molti (come questo), che non esistono in nessun’altra app di messaggistica. I dati dell’utente non verranno utilizzati per indirizzare gli annunci. […] Ci piace l’approccio di servizi attenti alla privacy come DuckDuckGo: monetizzare i servizi senza raccogliere informazioni sugli utenti. Quindi, se introduciamo annunci in canali uno-a-molti, questi saranno contestuali, basati sull’argomento del canale, non mirati in base ai dati dell’utente. […] Gli utenti potranno disattivare gli annunci, ma penso che gli annunci attenti alla privacy siano un buon modo per i proprietari dei canali di monetizzare i loro sforzi. […] Il nostro obiettivo finale è stabilire una nuova classe di creatori di contenuti, finanziariamente sostenibile e libera di scegliere la strategia migliore per i propri abbonati.
A queste informazioni si è poi aggiunto un terzo indizio, nella forma di un’anteprima di quella che dovrebbe essere il banner informativo che Telegram mostrerà assieme ai messaggi sponsorizzati all’interno dei canali. Il banner, benché non confermato, sembra essere autentico sia per via dell’affidabilità della fonte (il canale Telegram Info), sia per via del linguaggio e dei contenuti:

Basandoci sulle informazioni finora raccolte, possiamo riassumere che:
- le pubblicità su Telegram saranno presenti solo all’interno di grandi canali Telegram – niente pubblicità nelle chat private;
- le pubblicità su Telegram saranno a pagamento, e contribuiranno a finanziare la piattaforma;
- i messaggi pubblicitari saranno simili a ogni altro messaggio, ma saranno contrassegnati da una didascalia che ne caratterizzerà la natura promozionale;
- le pubblicità su Telegram saranno privacy-friendly e prive di traccianti;
- si potranno sponsorizzare solamente prodotti interni all’applicazione: gruppi, canali, bot. Niente siti web esterni;
- le pubblicità su Telegram saranno basate su parole-chiave. Si tratta di un sistema di advertising in uso presso molti servizi privacy-friendly, come il motore di ricerca DuckDuckGo: le pubblicità non vengono confezionate sulla base dell’attività online dell’utente ma dell’argomento trattato dalla piattaforma nella quale le pubblicità vengono visualizzate – nessun dato personale sarà usato per le pubblicità;
- gli utenti potranno disattivare la visualizzazione delle pubblicità, se lo desiderano.
Ciò che invece non sappiamo, o non è ancora chiaro, è:
- su quali metriche le pubblicità su Telegram baseranno i propri prezzi di mercato;
- se gli introiti pubblicitari saranno condivisi tra gli amministratori dei canali e l’applicazione, e in quali percentuali;
- come funzionerà il sistema di parole chiave sul quale si baseranno le pubblicità, e chi le deciderà;
- quali dimensioni dovranno possedere i canali che vorranno visualizzare pubblicità.
Sono in particolare due i punti più oscuri: Durov ha spiegato che solamente i canali più grandi, come il suo personale, saranno selezionati per la visualizzazione delle pubblicità. Dato che il canale menzionato dispone di oltre 600mila membri, c’è da aspettarsi che i requisiti di partecipazione al sistema pubblicitario saranno molto alti, sulla base delle migliaia, se non addirittura delle decine di migliaia di membri per canale. Se ciò fosse vero (ricordiamo: si tratta di una supposizione), decine di migliaia di canali di piccole e medie dimensioni, specie in quei mercati dove Telegram non è ancora popolare, si vedrebbero completamene tagliati fuori dal sistema di remunerazione delle pubblicità su Telegram, benché potrebbero comunque parteciparvi come clienti.
La natura dei compensi è il secondo aspetto fumoso delle pubblicità su Telegram: cosa riceveranno gli amministratori di canali che mostreranno annunci tra i loro contenuti? Il primo messaggio di Durov parlava di una compensazione “in natura”, sottoforma cioè di pubblicità gratuite; nel secondo invece si accenna direttamente a una remunerazione in denaro. È evidente che un canale delle dimensioni sopracitate se ne farà ben poco di un “pagamento in visibilità”, e che solamente sostenendoli finanziariamente si porrà fine all’uso di sistemi di sponsorizzazione poco trasparenti alla cui soppressione Durov mira esplicitamente.
Il successo di queste pubblicità si baserà anche sul livello di sicurezza che Telegram saprà garantire. Secondo diversi report Telegram sta diventando sempre più popolare tra i fruitori di attività illegali, e se non verrà posto un sistema di revisione ai canali che acquisteranno annunci, assisteremo presto al collasso del sistema pubblicitario ufficiale di Telegram. Gruppi promotori di criptovalute-truffa, bot per l’acquisto di valute inesistenti e di green pass fasulli – le opzioni sono numerosissime, e tutte deleterie.
Si spera poi che le pubblicità saranno dotate di un adeguato e puntuale sistema di metriche, così da valutare il successo di un acquisto.
Queste dunque sono le nostre perplessità e valutazioni su quanto sappiamo finora delle pubblicità su Telegram. Voi cosa ne pensate? Raccontatecelo nei commenti qui sotto, o nel nostro gruppo ufficiale @appelmeggiando!
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