Apple: la VPN Private Relay non arriverà in Cina, Arabia Saudita e altri Paesi autoritari

Apple non introdurrà la pseudo-VPN privata appena presentata al pubblico, Private Relay, in Paesi dove la sua introduzione potrebbe causare malumori politici. Benché tecnicamente Private Relay non sia effettivamente una VPN, il suo funzionamento è essenzialmente lo stesso: nasconde i movimenti dell’utente che ne fa uso da qualunque sguardo indiscreto – operatori telefonici, tracciatori online e persino Apple stessa. Curiosamente, o forse no, Apple non introdurrà Private Relay in Cina, né in Arabia Saudita, Egitto, Uganda, Turkmenistan, Bielorussia e in tanti altri Paesi i cui governi non rispettano gli standard di democrazia, libertà di parola ed espressione del dissenso. Paesi dove dunque una VPN privata potrebbe risultare molto utile ai loro cittadini.

Siete pronti per scoprire come e perché Apple non introdurrà Private Relay in Cina?

LA PRIVACY È UN AFFARE SOLO QUANDO NON LEDE GLI AFFARI?

Non è un mistero che Apple abbia sviluppato negli ultimi anni un grande interesse per la privacy. La casa di Cupertino ha saputo sostituire la figura di Steve Jobs con un idolo minore, la riservatezza dei dati, riuscendo a coagulare nuovo consenso verso i suoi prodotti.

Nel corso dell’ultimo Worldwide Developers Conference, l’evento che ogni anno Apple tiene per presentare i nuovi servizi e funzionalità al suo pubblico, è stato annunciato iCloud+, un pacchetto di servizi miranti alla protezione della privacy dei dati. iCloud Plus viene incluso automaticamente in tutti i pacchetti iCloud senza costi aggiuntivi – e si tratta di una grande e bella sorpresa per qualunque utente Apple, sotto ogni punto di vista. iCloud Plus include:

  • il servizio Hide My Email, che consente di creare indirizzi di posta fasulli che reindirizzano la posta elettronica ricevuta verso un indirizzo email realmente esistente – così da non fornire il proprio contatto a siti web poco affidabili durante la fase di registrazione;
  • uno spazio di archiviazione illimitato per videocamere di sicurezza compatibili con HomeKit;
  • l’app di posta impedirà il tracciamento delle newsletter;
  • il browser Safari non consentirà di inviare l’indirizzo IP all’esterno;
  • un servizio di mascheramento dell’attività web: benché tecnicamente non sia una VPN, ed Apple non voglia che tale sia definita, funziona in maniera piuttosto similare.

Quest’ultimo servizio non permette a nessuno, nemmeno ad Apple, di controllare l’attività web di chi ne fa uso. Si tratta di una funzionalità aggiuntiva e superiore a quelle di una normale VPN: questi servizi sono infatti comunque in grado di visualizzare gli spostamenti online dei dispositivi che passano attraverso i loro server. Ed è proprio su questa funzione, chiamata da Apple Private Relay, che si è sollevato un polverone: secondo Reuters, Apple non introdurrà Private Relay in Cina. Il Paese rappresenta il 15% del fatturato dell’azienda, e il governo cinese non ha mai fatto mistero di desiderare maggior controllo sui dati degli utenti Apple in cambio del permesso, nei confronti dell’azienda, di operare, vendere e distribuire i propri servizi ai suoi cittadini.

È proprio per questo motivo che Apple continua a vendere in Cina e, ad esempio, Google no: l’azienda di Mountain View uscì dal Paese nel 2010 quando il governo di Pechino chiese maggior controllo sui dati degli utenti, e benché ultimamente abbia fatto passi avanti per una riappacificazione con il governo cinese, l’opposizione dei “Googlers” (i dipendenti) e dell’opinione pubblica americana non ha mai portato a nulla di fatto.

L’esclusione della Cina dalle regioni in cui Private Relay sarà rilasciato non è che l’ultimo passaggio di una serie di concessioni fatte da Apple nel contesto di iCloud: solo qualche settimana fa il New York Times ha reso noto che Apple avrebbe concesso alle autorità cinesi l’accesso fisico ai dati contenuti sul servizio di cloud.

Non solo: oltre alla Cina, Private Relay non sarà disponibile nemmeno per i cittadini di Bielorussa, Colombia, Filippine, Turkmenistan, Egitto, Arabia Saudita, Uganda, Kazakistan e Sud Africa. Secondo gli standard del Democracy Index, sviluppato dalla rivista Economist, quasi tutti i Paesi (a parte Filippine e Sud Africa) sono ben al di sotto del concetto di democrazia; appare chiaro dunque che una funzione come Private Relay sarebbe ben utile per i loro cittadini, sottoposti a un più o meno costante, poco o nulla libero regime di sorveglianza, e coerente con lo spirito di Apple.

L’impegno di Apple nel favorire una maggiore consapevolezza dell’importanza dei dati è certamente innegabile, e plausibile; può darsi però che questo impegno sia un affare solamente quando non lede agli affari?

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