Prima Kik, poi Line, Telegram e adesso Facebook, Messenger e WhatsApp: diventano più numerose ogni giorno che passa le criptovalute dei social media, ognuna delle quali ovviamente proprietaria e differente dall’altra, al fine di accaparrarsi ora questa, ora quella fetta di mercato. Se però le criptovalute di Line e Kik si limitano a fornire i propri utenti di uno strumento di transazione finanziaria esclusivamente interno alle applicazioni, sia Facebook (con Libra) che Telegram (con Gram) puntano invece alla realizzazione di una valuta di respiro mondiale, affiancata da tecnologie proprietarie e da accordi con esercizi commerciali che ne garantiscano la libera circolazione.
Siete pronti per scoprire tutte le criptovalute dei social media principali?
LIBRA, LA CRIPTOVALUTA DI FACEBOOK PER CHI NON HA UN CONTO IN BANCA
Libra è la criptovaluta che Facebook, insieme ad altre 27 aziende riunite nella Libra Association, ha presentato il 18 giugno scorso.
Libra è una stablecoin, ossia una criptovaluta legata ad un asset di beni stabili che garantiscono una bassa fluttuazione al valore della moneta. Per quanto ideata da Facebook, in teoria non si tratta di una moneta di proprietà di Facebook (anche se qualcuno sostiene il contrario): essa sarà governata dalla Libra Association, un’associazione che riunisce tutte le aziende che hanno già espresso il proprio sostegno finanziario alla valuta o che in futuro decideranno di contribuire (Zuckerberg punta a raggiungere il centinaio di investitori entro il 2020, anno di lancio della moneta). Ogni membro della Libra Association disporrà di un singolo voto (Facebook compreso) nelle riunioni del concilio, così da minimizzare il rischio di una scalata ostile da parte di una singola società che punti ad acquisirne il controllo.

Per quanto non sia dunque legalmente di proprietà di Facebook, è chiaramente il social network a trarre, per ora, maggiore vantaggio da un eventuale successo di Libra: Facebook è infatti il proprietario di Calibra, l’unico portafogli digitale finora noto per la gestione del proprio account Libra; l’azienda ha già specificato che sarà possibile in futuro accedere a forme di finanziamento e credito tramite Calibra, la quale punta a diventare il motore principale della diffusione della criptovaluta non solo in Europa e negli Stati Uniti, ma anche nel resto del mondo. Tra gli obbiettivi dichiarati di Libra e Calibra vi è infatti la creazione di un credito più accessibile per imprenditori che vivono in aree economicamente depresse o in Paesi in via di sviluppo, e di forme di trasferimento di denaro più convenienti per migranti e lavoratori esteri che non possono continuare a pagare le alte commissioni richieste dai sistemi tradizionali.
Non occorrerà disporre di un account Facebook né di un account collegato a qualsiasi altro social dell’azienda per utilizzare Libra; tuttavia, è già noto che ogni app collegata al social (Facebook, Messenger, WhatsApp) disporrà di un sistema di scambio di valuta basato su Calibra.
Contrariamente a quanto riferito nella presentazione, Libra non sarà veramente una criptovaluta decentralizzata, poiché la sua gestione sarà concentrata in pochi server specifici e gestita da un ristretto consorzio di aziende. Quale effetto collaterale, Libra impatterà in maniera meno decisa sull’ambiente di altre critpovalute tradizionali, come Bitcoin, la cui energia richiesta per l’attività di mining è ormai diventata un pericolo per l’ambiente.
Secondo alcuni, Libra ha le potenzialità per diventare il nuovo PayPal, ossia una nuova forma di scambio monetario: tuttavia, ci sono ancora molte incertezze in merito al futuro legale della valuta. Alcuni esponenti del Partito Democratico e del Partito Repubblicano statunitense hanno infatti richiesto che il lancio della valuta sia sospeso sino a che il Congresso non avrà valutato attentamente i rischi che il controllo di una simile critpovaluta potrebbe comportare per l’economia statunitense da parte di Facebook e di poche altre aziende; il 15 luglio David Marcus, a capo del progetto Calibra e co-creatore di Libra, sembra che sarà tra le persone chiamate a testimoniare davanti al Senate Banking Committee, per una seduta il cui nome lascia spazio a ben poche speculazioni (“Examining Facebook’s Proposed Digital Currency and Data Privacy Considerations”). La Francia poi, in quanto Paese a guida del G7 in questi mesi, ha già annunciato la creazione di una commissione che studi nuove regole e corpi intermedi che possano vincolare le criptovalute (Libra in particolare) e le piattaforme che le ospitano alle norme internazionali anti-riciclaggio.
GRAM, LA CRIPTOVALUTA SICURA E ANONIMA
Simile, ma allo stesso tempo opposta a Libra, è Gram, la criptovaluta di Telegram: mai pubblicamente annunciata né dal suo fondatore, Pavel Durov, né dai profili ufficiali della sua app di messaggistica, dei Gram si è però cominciato a parlare sin dal momento in cui Anton Rozenberg, già sviluppatore per Telegram (potete leggere QUI l’intervista rilasciata al nostro portale nel 2017), diffuse un teaser-trailer dei Gram e della TON.
Abbreviazione per Telegram-Open-Network, la TON è la rivoluzionaria tecnologia blockchain proprietaria di Telegram ideata, almeno in parte, dal fratello di Pavel, Nikolaj – già ideatore del protocollo di sicurezza MTProto su cui si basa Telegram e autore del successivo white paper della TON diffuso online successivamente al trailer.
Mentre per l’utilizzo di Libra non sarà necessario disporre di un account legato ai profili social della sua società ideatrice (Facebook), per comprare, inviare e ricevere Gram bisognerà invece essere iscritti a Telegram. Questi infatti saranno gestiti attraverso un portafogli elettronico proprietario, il Telegram Wallet, legato all’account dell’utente e funzionale all’acquisto di beni, servizi e pubblicità su Telegram e nei siti e piattaforme web partner del progetto.

Come già detto, la criptovaluta di Telegram è però speculare alla criptovaluta di Facebook, e dunque qualsiasi confronto risulterebbe fuori luogo. Mentre infatti Libra punta ad un utilizzo economico e finanziario del proprio valore, distribuito nell’adozione ma legata alle decisioni della Libra Association, la forza dei Gram risiederà nella Telegram Open Network, una blockchain che promette prestazioni eclatanti ed altissime velocità di esecuzione grazie anche a tecnologie proprietarie di nuova generazione, come l’Infinite Sharding Paradigm. La TON diventerà dunque uno strumento anonimo, decentralizzato e sicuro che punta a sostituire non le valute tradizionali, come sembra essere uno degli obbiettivi non dichiarati di Libra, ma le altre blockchain legate a criptovalute, come l’Ethereum Blockchain.
Come più volte dichiarato nel white paper della moneta digitale, Telegram fornirà la spinta propulsiva iniziale al Gram, alla cui diffusione potrebbe contribuire anche il principio di convertibilità con altre valute che si vocifera possa essere integrata già al lancio: con oltre 250 milioni di utenti attivi mensilmente, i Gram diventerebbero la moneta di scambio per l’acquisto di pubblicità all’interno di Telegram (con la creazione di un vero e proprio servizio pubblicitario) per gruppi e canali, così come per l’acquisizione di beni e prodotti attraverso i bot, che diventerebbero così la facciata principale delle attività economiche che deciderebbero di aderire al meccanismo della TON.
Secondo uno studio della società d’analisi russa Aton, inizialmente saranno in commercio 5 miliardi di Gram, e con un tasso di inflazione del 2%, si prevede che si arriverà ad una distribuzione di 10 miliardi di Gram entro 35 anni dal lancio della criptovaluta. Per quanto sia difficile stabilire un prezzo iniziale per una valuta che non deve il suo valore ad un paniere di beni stabilito, Aton ha calcolato che il prezzo della moneta potrebbe variare tra i 2,10$ e gli 8$, mentre il prezzo del singolo token durante la seconda fase di finanziamento non aveva superato il 1,33$.
Il successo del Gram sembra dunque legato all’interesse che essa potrà suscitare nella comunità di appassionati di criptovalute dei social media e non solo (dando ovviamente per scontata l’adesione più o meno totale da parte dei suoi utenti), che è già ampiamente presente sulla piattaforma da diversi anni; inoltre, grazie al suo carattere distribuito e non censurabile – in teoria – la TON potrà offrire soluzioni economiche a tutti quegli utenti Telegram, ma non solo, che vivono in Paesi dove le criptovalute non sono ben accette (come l’India) o dove gli USA hanno applicato restrizioni al commercio internazionale (come l’Iran, dove Telegram è l’app di chat più utilizzata) e dove altre valute, come Libra, non possono legalmente operare.
Proprio in merito alle conseguenze che l’utilizzo dei Gram in Iran ha portato le autorità del Paese a vietare, con più di un anno di anticipo, l’uso dei Gram (potete scoprirne di più QUI).

Non esiste attualmente una data sicura, nemmeno generica, per la quale la Telegram Open Network possa vedere la luce; una prima timeline, fornita insieme al white paper, è da considerarsi non attendibile in quanto già oggi sia il Telegram Wallet, che una prima forma di “TON-based economy” sarebbe dovuta essere già stata rilasciata. Pare che, qualora la TON non venisse lanciata entro il 31 ottobre 2019, il team di Telegram si sarebbe impegnato a restituire i quasi 2 miliardi di dollari raccolti durante le due sessioni private di finanziamento. Alcuni sviluppatori coinvolti nel testing di una prima versione della TON hanno comunque confermato la sua esistenza, ammettendo che sia ancora in una fase di realizzazione estremamente acerba, seppur promettente.
KIN, LA CRIPTOVALUTA FUORILEGGE
Kik è un’app di chat (che viene da molti erroneamente considerata un social network) nata nel 2009 da un progetto di un gruppo di studenti dell’Università di Waterloo, in Canada. Da allora l’app ha vissuto momenti di crescita e di stagnazione, sino a stabilizzarsi su una quota di 100 milioni di utenti, la maggior parte dei quali posizionati negli Stati Uniti e nel continente americano.
Simile a Telegram sotto certi aspetti (uso di bot e di sticker, rispetto dell’anonimato) non è riuscita però a replicarne il successo, rimanendo vittima di accuse di favoreggiamento alla pedofilia (che non sono state risparmiate nemmeno a Telegram) e mancando di un vero e proprio piano di monetizzazione della piattaforma, che non ha sviluppato un sistema pubblicitario come Facebook o Twitter. Proprio per questo motivo è stata lanciata in tutta fretta una ICO per il finanziamento della nuova critpovaluta dell’app, chiamata Kin, che nelle speranze degli sviluppatori avrebbe dovuto risollevare la situazione finanziaria sfavorevole dell’applicazione.

Sfortunatamente, applicare troppo alla lettera il motto preferito della Silicon Valley (“move fast and break things”, ossia “muoviti alla svelta e rompi cose” per indicare la necessità, in certi ambienti, di agire velocemente per raggiungere un risultato, senza curarsi dei danni collaterali) ha segnato la fine della critpovaluta, seppur forse temporanea. Non avendo infatti registrato la ICO presso la Security and Exchanges Commission (SEC) americana, Kik Interactive Inc. ha ricevuto formale denuncia da parte della stessa; ora, quei 98 milioni di dollari raccolti durante la sessione di finanziamento (dalla quale erano stati esclusi i sostenitori canadesi dell’app, suoi compatrioti, a causa sempre di irregolarità con la registrazione dell’ICO) sono stati dichiarati illegali, e si è sviluppata già un’intensa battaglia legale in merito alla loro legittimità. Nel frattempo, il valore del singolo Kin è calato del 99%, passando dal suo massimo di 0,00125$ del gennaio 2018 agli 0,00002413$ attuali, diventando la più fallimentare tra le criptovalute dei social media.
Ma a cosa servono (o sarebbero serviti) i Kin? Per comprendere la loro funzione, occorre innanzitutto capire come si possono guadagnare: secondo il sito dell’azienda, i Kin non solo sono acquistabili tramite la conversione diretta con la propria valuta locale, ma anche attraverso l’adempimento di determinate azioni, come la visualizzazione di video pubblicitari, l’invio di sondaggi… Nei fatti dunque la Kin assomiglia ad una valuta in-game, e non ne viene fatto mistero: il Kin è una moneta digitale che svolge il ruolo sia di valuta di scambio (essendo comunque convertibile con denaro reale), sia di crediti-premio utilizzabili poi nell’acquisto di set di stickers o di altri vantaggi da utilizzare all’interno dell’app stessa. Nei progetti dell’applicazione, il Kin dovrà servire anche da moneta di scambio per il pagamento di content creators e sviluppatori che decidano di lavorare sulla piattaforma.
LINK: NEMO CRIPTOVALUTA IN PATRIA
Un magro affare, per l’app di chat Line, è significato il lancio della criptovaluta proprietaria Link: a quasi un anno dall’annuncio, BitBox – la piattaforma di scambio di critpovalute dove è possibile convertire dollari, euro e non solo in Link, Ethereum, Bitcoin e altro – non si è ancora trasformato in quell’asset fondamentale per i guadagni dell’azienda (nelle ultime 24 ore, ha raggiunto a stento il mezzo milione di dollari di scambi).

Per quanto il valore della critpovaluta rimanga solido, specie se confrontato con la debacle del Kin, è ancora ben lungi dall’esprimere il suo pieno potenziale: BitBox – e, con esso, il Link – è ancora irraggiungibile dagli utenti giapponesi di Line, che ne costituiscono quasi la metà della user base totale (80 milioni MAU). La legislazione che regola lo scambio di critpovalute in Giappone è infatti estremamente rigida, e Line non ha ancora ottenuto il permesso dalla Financial Services Agency di avviare la distribuzione dei Link nel Paese: con sede a Singapore, BitBox fatica a raggiungere le prime dieci posizioni in altre regioni chiave dell’area asiatica (Thailandia, Vietnam, Taiwan) per valore degli scambi.
Distribuito inizialmente in 800 milioni di unità (più altre 200 mantenute dall’app come riserva dalla Line Tech Plus), il Link non è stato finanziato da una ICO come accaduto normalmente per altre criptovalute dei social media: piuttosto, Line ha promesso quote di Link a tutti quegli sviluppatori che avessero investito nello sviluppo dell’ecosistema Link e della sua blockchain con la produzione di dApps, app digitali per la fornitura di servizi agli utenti. Questi possono poi utilizzare il proprio saldo Link per l’acquisto di beni di varia natura, da contenuti multimediali a funzionalità aggiuntive.
LE ALTRE CRIPTOVALUTE
Internet è molto grande, e quelli menzionati nei paragrafi precedenti non sono gli unici social network ad aver adottato una criptovaluta: alcune monete digitali infatti costituiscono il motore stesso di un social network; altre funzionano sui social principali, senza che questi l’abbiano mai chiesto; altre ancora funzionano su più social contemporaneamente. Di seguito trovate dunque le altre critptovalute dei social media che probabilmente non vi sarà ancora capitato di sentir nominare:
- REDDCOIN: non sia il nome a trarvi in inganno: Reddcoin non è infatti la valuta della piattaforma Reddit, per quanto sia utilizzata anche sul social americano, così come su Facebook e Twitter. Nata nel 2014 come critptovaluta “minabile” (ossia ottenibile attraverso attività di “mining”, proprio come il Bitcoin), la Reddcoin oggi è acquisibile sia attraverso la conversione con altre valute, sia tramite una forma più “light” di mining, che prevede semplicemente il mantenimento del proprio PC o smartphone in attività, senza l’elaborazione di script particolari, convalidata da un’estensione o un’app proprietaria. La caratteristica di Reddcoin è data dalle sue finalità: la valuta viene principalmente utilizzata per premiare monetariamente (attraverso un sistema chiamato “Tip”, ossia “mancia”) i produttori di contenuti su Facebook, Twitter e Reddit. Altra particolarità è il metodo di calcolo del valore della valuta, che non si basa unicamente sulla quantità circolante ma anche sulla velocità con la quale avvengono gli scambi tra utenti.
- STEEM: criptovaluta ufficiale del social network meritocratico Steemit, STEEM è in realtà solo una delle tre forme di moneta circolanti all’interno di Steemit. Il social infatti, che dispone di una blockchain proprietaria chiamata Steem Blockchain, offre di tre forme di compensazione: STEEM (che ne rappresenta la valuta principale), Steem Blockchain Dollar (una stablecoin legata al dollaro americano, creata per contrastare la volatilità di STEEM) e Steem Power, che non è propriamente una valuta ma un metro di valutazione della credibilità di un utente. Scrivendo infatti contenuti di qualità, si ricevono dei voti (Mi Piace, praticamente) che possono essere convertiti totalmente in Steem Power, o in forma mista con gli Steem Dollar. L’idea di base è dunque quella di offrire una forma di compensazione economica ai produttori di contenuti, commisurata al proprio livello di Steem Power (e, dunque, di credibilità): maggiore è il numero di Steem Power, maggiore sarà la ricompensa ricevibile dai voti che verranno assegnati dagli altri utenti ai propri contenuti.
- MITHRIL: creata a Taiwan nel 2017 e chiaro omaggio al Signore degli Anelli (il Mithril era il minerale che veniva estratto dalle Miniere di Moria), la critpovaluta Mithril si ispira ad un concetto di compensazione dei contenuti simile a quello di Reddcoin e Steemit. Utilizzando i social network partner della critpovaluta (PiePie, già Lit, e Yeemos, entrambi una specie di fusione tra Snapchat e Instagram), interagendo con i contenuti, ottenendo Mi Piace e visualizzazioni si effettua attività di “social mining”. L’algoritmo di Mithril stabilisce infatti una quantità di valuta da assegnare agli utenti sulla base di queste attività, che può essere poi spesa in piattaforme partner per l’acquisto di vestiti, beni di consumo, e così via.
Ma a fianco di queste criptovalute, tutt’oggi operanti, esistono casi differenti di valute digitali che sarebbero potute esistere, ma che non hanno incontrato la congiuntura adatta o il momento propizio per un debutto, rimanendo solamente allo stato progettuale. Di seguito trovate le criptovalute dei social media che non sono mai esistite, o non lo sono ancora:
- REDDIT COIN: sì, questa volta si tratta davvero di una criptovaluta riferita al social network Reddit. È stato Ryan X. Charles, unico ingegnere coinvolto nel progetto della critpovaluta di Reddit che nacque (e morì) nel 2014 a parlarne al sito web Coindesk. Stando al racconto di Charles, il team del social network già nel 2014 (quindi molto prima che termini come “Bitcoin”, “critpovaluta” diventassero parte del linguaggio comune) si interessò alla possibilità di creare una moneta virtuale da distribuire tra i propri utenti; il progetto però non vide la luce sia per le difficoltà legali che avrebbe provocato il lancio di una delle prime criptovalute dei social media (basti pensare a quelle che incontra oggi Facebook), sia per una serie di “drama“, tipici di Reddit, che dal 2014 al 2015 portò al cambio di tre CEO. Charles inoltre divenne il bersaglio preferito di una serie di troll “anti-criptovalute“ che cominciarono a bersagliarlo ad ogni commento pubblicato sulla piattaforma.
- VK COIN: anche per il social network e “clone” russo di Facebook VK (già Vkontakte, ed ex-creazione di Pavel Durov, oggi CEO di Telegram) si era vociferato che avrebbe introdotto una criptovaluta. E infatti il 1 aprile scorso era stato presentato il VK Coin – non una criptovaluta, poiché priva di una blockchain di supporto, ma comunque ottenibile attraverso una specie di “mining“. Un mining però davvero particolare: per ottenere monete bastava giocare ad un clicker game ufficiale della piattaforma, il quale disponeva anche di “booster” che permettevano di accumulare più monete contemporaneamente. Tuttavia, com’era prevedibile vista l’infelice data di lancio, se da una parte il clicker game era finito per accumulare oltre 10 milioni di utenti (con picchi di 1,1 milioni connessi contemporaneamente, più di CS:GO o Dota 2), dall’altra la criptovaluta aveva generato 2,8 triliardi di capitalizzazione in soli 10 giorni, e un mercato nero dove i rubli venivano barattati per VK Coin. La cosa più curiosa? Che il CEO di VK stesso, Ivan Gusev, incoraggiava questo mercato nero, sostenendo di non voler limitare i metodi con cui gli utenti si guadagnano le monete. Il mining è stato però interrotto già a metà aprile, e stando alle parole del team di VK si è così entrati nella “fase due“, della quale però non è stata fatta parola ancora oggi.
Vuoi saperne di più su criptovalute dei social media, e in particolare su Libra? Allora leggi QUI la nostra guida approfondita sulle caratteristiche della valuta!
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