Per quanto le attenzioni dell’intellighenzia del mondo digitale si concentrino in queste settimane sulla Copyright Directive ed i suoi (infausti) articoli 11 e 13, altre leggi e disposizioni europee potrebbero mettere in pericolo le libertà degli utenti Android, e non solo. Si tratta del regolamento “Caricamento software per le apparecchiature radio“, e potrebbe potenzialmente proibire il rooting e l’installazione in generale di applicazioni non approvate dal produttore sul proprio smartphone. La nuova disposizione, legata alla Radio Equipment Directive non si applicherebbe poi solo agli telefoni cellulari, ma ad un più ampio range di dispositivi: il regolamento delegato infatti coinvolge tutti quei componenti hardware e software capaci di ricevere e trasmettere comunicazioni radio, e dunque anche device per l’Internet of Things, PC e così via.
Siete pronti per scoprire come e perché la direttiva “Caricamento software per le apparecchiature radio” potrebbe danneggiare la comunità del modding, non solo per smartphone?
QUANDO L’ECCESSIVA SICUREZZA METTE A RISCHIO LE LIBERTÀ PERSONALI
Dal 2017 ad oggi, la Commissione Europea ha approvato una serie di disposizioni che hanno completamente modificato il quadro normativo del mercato degli smartphone – per i produttori; i consumatori infatti non avranno ancora notato (o non lo noteranno affatto, se non nel portafogli) l’impatto di norme quali la diversificazione della distribuzione di Android, o la limitazione di Google Shopping nella sua portata pubblicitaria.
Tuttavia, le radici di quanto stiamo per illustrarvi affondano in un passato più remoto degli avvenimenti degli ultimi mesi: stiamo parlando della RED, o Radio Equipment Directive, una direttiva approvata nel 2014 ed entrata in vigore nel 2016 per la regolamentazione del mercato dei dispositivi capaci di connettersi a una rete (WiFi, Bluetooth…). Ciò che preoccupava, e preoccupa tutt’ora ai legislatori europei era la creazione di un impianto normativo condiviso all’interno dell’Unione Europea per un commercio sicuro di device volti alla connettività – smartphone, PC ma anche smart devices per l’Internet of Things.
I problemi però si sono presentati nel momento in cui è stato pubblicato il regolamento delegato “Caricamento software per le apparecchiature radio“, specialmente per ciò che riguarda le modalità di applicazione dell’articolo 3, clausola 3(i) del RED – il quale cita:
“3. Le apparecchiature radio di determinate categorie o classi sono fabbricate in modo tale da garantire la conformità ai seguenti requisiti essenziali:
[…]
i. supportano alcune caratteristiche che impediscono di introdurre un software nell’apparecchiatura radio, se non è stata dimostrata la conformità della combinazione dell’apparecchiatura radio e del software.“
E che, secondo il regolamento delegato sopra citato, sarebbe applicato secondo le seguenti modalità:
“This will require that radio equipment supports certain features in order to ensure that software can only be loaded into the radio equipment where the compliance of the combination of the radio equipment and software has been demonstrated, and this requirement will have to be demonstrated for the purposes of market access.“
Sostanzialmente, il RED nel suo Articolo 3(3)(i) ribalterebbe la responsabilità finora applicata nel processo di modding, personalizzazione e customizzazione dei dispositivi, e dunque di upload di software su componenti radio – come gli smartphone. Fino ad ora l’utente è l’unico responsabile per gli effetti dovuti dal caricamento di software su un device in proprio possesso (capace di modificarne il comportamento o le modalità di utilizzo): il rooting e l’installazione delle Custom ROM portano all’invalidazione della garanzia proprio per questo motivo.
I legislatori europei, nel tentativo condivisibile di rendere più sicuro il commercio dei dispositivi elettronici, ha però invertito l’ordine degli addendi, modificando il risultato dell’equazione: qualora la direttiva entrasse in vigore secondo queste modalità, toccherebbe ai produttori assicurarsi che gli utenti non siano in grado di caricare qualunque software non approvato preventivamente dall’azienda. Castrando così l’intera comunità del modding e rendendola prona alle disposizioni dei grandi produttori.

Le associazioni di categoria, così come le piccole e grandi comunità di modders di smartphone, PC, tablet e qualunque altro dispositivo dotato di connettività sono scese in campo per sensibilizzare i propri aderenti ed inviare alla pagina web relativa i propri commenti al regolamento direttivo. Dal 28 gennaio al 4 marzo sono stati pubblicati oltre 270 commenti, quasi tutti contrari, al regolamento direttivo e alle previsioni di impatto formulate dalla Commissione Europea.
La condanna è infatti pressoché unanime e da più parti si invoca una modifica dell’Articolo 3(3)(i): si va da Sebastiano Bertani, amministratore delegato della Tanaza S.p.a. e proprietario del sistema operativo TanazaOS, a Bjørn Remseth, vice-presidente della Elektronic Frontier Norway (controparte norvegese della ben più nota Electronic Frontier Foundation, statunitense); altri ancora sono semplici modder che, come Marting Vogl, sono preoccupati che la direttiva scardini il mondo del modding per smartphone.
L’applicazione della direttiva è prevista per il 2020, con le prime consultazioni pubbliche programmate per il Q4 2019; nonostante il testo specifichi che non sia negli interessi dei legislatori danneggiare la comunità del modding su qualsiasi piattaforma (“In recital (19) of the same Directive, the co-legislators also stressed that Verification by radio equipment of the compliance of its combination with software should not be abused in order to prevent its use with software provided by independent parties“), la finalità è principalmente di sicurezza. Sotto la voce “Probabili impatti sociali” si sostiene che la RED “aumenterà la capacità dei produttori di mettere in sicurezza i propri prodotti“, “aumenterà la protezione dei dati personali e ostacolerà le frodi digitali“, ma soprattutto “aumenterà la fiducia del consumatore nel Mercato Unico Digitale e nella digitalizzazione dei beni di consumo tradizionali“.
Specialmente quest’ultimo punto ci pare piuttosto inverosimile, specialmente nel momento in cui l’attenzione delle comunità dell’open-source, terminata la battaglia – inevitabilmente persa – contro la Copyright Directive, si sposterà sulla RED.
Lo si può notare già dalla sezione dei commenti al regolamento delegato, che come abbiamo osservato in precedenza si qualifica come un gruppo di contestazione alquanto eterogeneo: su 276 interventi, più di 240 sono stati pubblicati tra il 2 e il 4 marzo e molti prendono di mira l’Articolo 3(3)(i), segno probabilmente di una mobilitazione popolare via Internet. Non tutti se la prendono con la chiusura al mondo del modding: numerosi rappresentanti di vari gruppi industriali tedeschi – segno che in Germania un certo tipo di comunicazione sulle iniziative europee c’è e funziona – come la AMA Association for Sensors and Measurement chiedono che ci si limiti semplicemente a lasciare al mercato la possibilità di auto-regolarsi, mentre altri – similmente alla ARD (il principale gruppo televisivo in Germania) – chiedono un’esclusione dei dispositivi che si limitano a ricevere le comunicazioni radio, e non a trasmetterle a loro volta.
Sicuramente si tratterà di un argomento di conversazione particolarmente acceso, sul quale torneremo in caso di rivolgimenti; guardando al futuro siamo confortati dal fatto che il documento specifichi che sarà tenuto conto delle conseguenze che il RED avrà sull’applicazione di software e hardware open source, tuttavia non possiamo non definirci preoccupati da una sempre maggiore regolamentazione del settore digitale, tale da divenire addirittura soffocante e dannosa per le libertà digitali.
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