Il futuro sono i giochi (e l’AI): storia di Cheetah Mobile, da Clean Master al baratro
Ogni storia, anche la più brutta, finisce. Spesso non importa nemmeno del come o del perché, basta solo sapere quando accadrà. La storia di Cheetah Mobile, società cinese sviluppatrice di Clean Master, Battery Doctor e proprietaria di tante altre applicazioni estremamente popolari all’interno del Play Store ha appena avviato il suo capitolo conclusivo. Il quale, come in ogni saga, apre ad un nuovo ciclo, composto anch’esso da storie che probabilmente non vorremo sentire, ma che saremo costretti a farlo.
Data infatti l’infamante fama di Cheetah Mobile, l’unico approccio possibile ai prodotti di questa software house non può essere che il rifiuto. Tuttavia, rimane davvero incredibile apprendere quante società esponenti del gotha della tecnologia mondiale abbiano sgomitato per accaparrarsi la presenza di Clean Master e delle suite di Cheetah Mobile all’interno dei propri smartphone. I quali fanno sicuramente una magra figura ora che si viene ad apprendere che il successo di Cheetah Mobile, stando a quanto riportato dagli organi di stampa che per primi hanno riportato la notizia, è stato finanziato e gonfiato da pratiche commerciali scorrette e fraudolente.
LA TRUFFA DEI FALSI REFERRAL TRAVOLGE CHEETAH MOBILE
Che Clean Master sia un’app estremamente ingannevole è noto, perlomeno ai frequentatori abituali di queste pagine, grazie anche ad un altro EDIToriale che scrissi qualche anno fa e che (per fortuna) ebbe successo. Quell’EDIToriale, insieme ad altri pezzi scritti da altri valevoli blogger e giornalisti digitali, ancora oggi consente a migliaia di lettori di apprendere quale schema di business si nasconda dietro un’applicazione effettivamente inutile per l’utente che la scarica, poiché inefficace se non dannosa per la salute del sistema operativo dello smartphone.
E l’accusa si estende non soltanto a Clean Master, che di questo circolo vizioso è sicuramente il più noto esponente, ma anche alle altre popolarissime applicazioni facenti parte della suite di Cheetah Mobile: CM File Manager, CM Locker, Battery Doctor. Le fonti di queste affermazioni sono gli eventi, i cambi e ricambi di accuse che hanno già portato alla rimozione di quattro delle otto applicazioni indicate da un’inchiesta pubblicata sulla rivista BuzzFeed quali promotori di una vasta “truffa“ ai danni degli sviluppatori – e di Google indirettamente.

Per comprendere il sistema di guadagno che, secondo le accuse del laboratorio di analisi di sicurezza Kochava, avrebbe consentito a Cheetah Mobile e Kika Tech (presente attraverso una sola app delle otto accusate: Kika Keyboard) di generare indebitamente milioni di dollari, vi servirà solamente capire – o ricordare – come funziona la pubblicità online delle applicazioni. Ogni volta che un utente compie il download di un’app attraverso un banner pubblicitario visualizzato all’interno di un sito web o di un’altra applicazione, una percentuale di guadagno viene attribuita al proprietario della piattaforma dove effettivamente quella pubblicità è stata visualizzata.
Secondo Kochava questo meccanismo (detto “di referral“) è stato abusato da Cheetah Mobile e Kika Tech, attraverso la già enorme popolarità delle proprie suite di antivirus, pulizia di cache e memoria RAM, file managing e via discorrendo. Le due società si sono dunque servite di tre network pubblicitari (integrabili nelle applicazioni, necessarie per la visualizzazione dei banner al loro interno) e dell’abuso di permessi che le proprie app già compivano per generare finti referral e ottenere dunque premi e bonus per installazioni per le quali non erano effettivamente responsabili.
Kochava indica che ognuna delle otto applicazioni accusate si serviva di questi tre network pubblicitari (o SDK) per tracciare ogni installazione di applicazioni effettuata dall’utente; se le app installate risultavano poi fare parte di un piano promozionale, Cheetah Mobile e Kika Tech fingevano di aver contribuito al download della suddetta applicazione tramite il proprio network pubblicitario, guadagnandosi così il premio di referrral collegato (tra i 0,50$ e i 3$ ad installazione). Lo schema non coinvolgeva assolutamente l’utente che diventava così portatore sano, inconsapevole e a volte anche incolpevole (in quanto spesso e volentieri le app accusate venivano integrate di default dai produttori di smartphone nei propri device) di un (nemmeno troppo) sofisticato sistema di truffa.
Le reazioni sono state veloci, convulse e anche confuse: da una parte Cheetah Mobile – coinvolta con sette applicazione su otto accusate di truffa – respingeva le conclusioni di Kochava, non avendo (a detta di CM) alcun controllo sui tre SDK (rivelatisi essere AltaMob, BatMobi e YeahMobi, secondo il sito Tech Crunch) colpevoli dell’abuso di referral – Kochava ribatterà asserendo il contrario, ossia che gli SDK siano di proprietà direttamente di Cheetah Mobile e del cui sviluppo ne sarebbe la responsabile. Poi, quando Google deciderà di prendere drastici provvedimenti nei confronti dei rei (eliminando dal Play Store le due app Kika Keyboard e CM File Manager), l’azienda sosterrà di non aver praticamente risentito dell’urto, costituendo CM File Manager solo lo 0,03% (58.000$) del fatturato complessivo del Q3 2018 (197 milioni di dollari). Poi ha provveduto a sospendere Battery Doctor e CM Locker dal Play Store (forse nel tentativo di prevenire Google dal farlo), sostenendo che le due applicazioni necessitassero comunque di un’attività di restauro poiché le Target API utilizzate erano ormai “obsolete“.
CHEETAH MOBILE, IL DECLINO E LA RINASCITA DI UN IMPERO
Tuttavia, il danno c’è stato e si vede: il titolo in borsa è crollato, segnando il punto più basso mai raggiunto negli ultimi cinque anni – nonostante la reazione di Cheetah Mobile sia piaciuta agli investitori, che hanno contribuito a rialzare il valore del titolo evitando un profondo rosso. Si potrebbe inoltre aggiungere che, stando alle rilevazioni (effettuate comunque prima della recente crisi), i numeri della società cinese non lascino intravedere nessuna seria problematica all’orizzonte, in alcuni settori più di altri. L’azienda ha infatti aumentato del 78% (in una prospettiva anno-per-anno) e del 106% (quadrimestre-per-quadrimestre) il fatturato proveniente dai giochi mobili, un settore rivelatosi decisamente più redditizio rispetto alle cosiddette “utility apps” – che hanno registrato rispettivamente una soddisfacente crescita del 54% e 18% in Cina, ma solo di un misero 4,4% anno-per-anno e 11% quadrimestre-per-quadrimestre globalmente.
E sono risultati che rientrano perfettamente in un trend globale consolidato: a fianco del declino delle applicazioni comuni – i tempi dello slogan di jobsiana memoria “there’s an app for that” sono ormai finiti – cresce il successo dei giochi mobili. Secondo l’ultimo report di Newzoo, entro il 2021 i giochi per smartphone e tablet comprenderanno un giro d’affari di 100 miliardi di dollari, attestandosi il 59% di tutte le entrate dell’industria videoludica – conclusioni confermate da un’altra società di analisi dati, App Annie, che alza il dato al 60%. E mentre titoli estremamente complessi come PUBG Mobile, Pokémon GO e Harry Potter: Wizard Unite si contenderanno il primo posto nelle classifiche del Play Store, secondo App Annie gli “hyper casual games” vinceranno la sfida dal punto di vista economico, registrando grandi profitti a fronte di un investimento davvero basso sul piano dello sviluppo tecnico e grafico.
E la Cina rimane un altro settore chiave per comprendere non solo il prossimo sviluppo del mercato dei giochi mobili, ma anche l’evoluzione della strategia di Cheetah Mobile. Nel 2018, il 28% dei profitti registrati dai videogiochi (circa 37 miliardi di dollari) proveniva dalla Cina, seguita a breve distanza dagli Stati Uniti (30,4 miliardi di dollari) e dal Giappone (19 miliardi di dollari). Sempre stando a Newzoo, il settore Asia-Pacifico si attesterà entro il 2018 il 52% di tutti gli incassi registrati dalle software house impegnate nel settore videoludico. Ma non è tutto: le nuove policy introdotte dal governo cinese hanno temporaneamente rallentato e/o bloccato del tutto lo sviluppo e la produzione di nuovi videogiochi nel Paese, a causa di un meccanismo di revisione che ne verifica l’aderenza ai principi etico-morali dello Stato asiatico e l’impatto sulla salute dei giocatori (la dipendenza da giochi mobili è in forte aumento in tutta l’Asia). Per esempio, su 20 giochi revisionati dall’Online Game Ethics Committee, ben 9 sono stati respinti e gli altri 11 invitati ad effettuare “significativi cambiamenti“.
Considerando l’estrema lentezza del processo di revisione, secondo App Annie la stretta convincerà le software house cinesi ad espandersi a livello internazionale. E qui ritorna in gioco Cheetah Mobile: la società cinese ha ridotto significativamente il proprio catalogo di utility apps nell’ultimo anno, concentrando lo sviluppo sul settore dei giochi mobili. Se infatti mettiamo a confronto i dati riportati precedentemente con il numero di giochi e di applicazioni non-ludiche presenti su Google Play e riconducibili a Cheetah Mobile, notiamo che il portafogli di mobile games si riduce a 17 titoli su 622 pubblicate attraverso 32 profili-sviluppatore differenti su Android e iOS, e che sale a 22 (dati di App Annie) se consideriamo anche i giochi non ancora rilasciati globalmente, come “Fast Track” o “Arena of Arrow“. Percentualmente, un numero davvero esiguo che non si comprende come abbia potuto incidere così profondamente nei conti della società (ricordo che il 21% dei guadagni deriva appunto dai giochi mobili, contro il 28% delle utility app solo in Cina nel Q3 2018, il cui mercato però costituisce – secondo i dati del Q2 2018 – il 41% dei guadagni complessivi dell’azienda).
Se però si considera che gran parte di queste applicazioni non sono altro che temi, add-on o plugin per applicazioni già esistenti come Cheetah Keyboard, CM Launcher 3D (tutte app incolpate da Kochava di frode pubblicitaria) o Photo Grid Maker, la proporzione si riduce. La mia impressione dunque è che Cheetah Mobile stia tentando due differenti approcci al mercato delle applicazioni: il primo di questi consiste nell’abbandono progressivo – perlomeno sul settore occidentale – della suite “CM” e delle utility app. Una notizia che forse non vi susciterà la minima emozione, ma che non va sottovalutata nella sua potenziale esplosività essendo Cheetah Mobile il più grande sviluppatore di utility app al mondo – per aiutarvi a comprenderne la portata, immaginate se un giorno scopriste che Nestlé ha deciso di passare dalla produzione di dolci alle sigarette.
“Abbiamo con successo infuso nuovo vigore al nostro motore della crescita attraverso i nostri giochi mobili, le nostre utility per smartphone, e attraverso il business dell’intelligenza artificiale (AI). Nel Q3 2018, sia i ricavi che i guadagni del nostro settore di giochi mobile hanno raggiunto risultati record”
Sheng Fu, CEO di Cheetah Mobile
La mia conclusione è motivata sia dall’osservazione dei ripetuti colpi inflitti dagli organismi di controllo statali e privati all’impero di Cheetah Mobile, sia dal progressivo disinteresse del pubblico stesso e delle aziende occidentali a collaborare con una società dalla reputazione tanto bassa, sia infine dai trend di mercato emersi dalle percentuali di fatturato precedentemente osservate. Nel primo caso, infatti, la cronologia non mente:
- nell’ottobre 2017 chiude il servizio di archiviazione online CM Cloud e l’app-galleria QuickPic: acquistata nell’agosto 2015, venne poi travolta da un’ondata di indignazione da parte dei vecchi utenti che non solo ne contestavano l’adozione di banner pubblicitari, ma anche dall’invio sospetto di dati al servizio cloud proprietario (aggiornamento 2019: l’app è tornata sul Play Store nell’aprile 2019, ma è stata nuovamente sepolta dalle critiche a causa della pessima qualità dell’applicazione; Cheetah Mobile ha giustificato il gesto sostenendo che il ritorno dell’applicazione era stato motivato dalla volontà di annunciarne l’arresto dello sviluppo, che in effetti è stato interrotto nel luglio successivo).
- nel dicembre 2017 Clean Master viene classificato come “spyware” dal governo indiano insieme ad altre decine di applicazioni cinesi (tra le quali Weibo, TrueCaller e APUS Browser) secondo una strategia mista di protezione delle telecomunicazioni e attacco alle imprese private cinesi;
- nell’aprile 2018 Samsung sostituisce Clean Master con 360 Security quale sistema integrato per la pulizia dei file indesiderati nell’app Manutenzione Dispositivo;
- nel novembre 2018 il Consumer Council di Shangai condanna CM Browser, TouchPal Keyboard e Mango TV per la scarsa protezione delle informazioni personali dei suoi utenti, contestando la richiesta di permessi intrusivi per la privacy e accusando addirittura CM Browser di “ascoltare le chiamate in uscita degli utenti“;
- nel dicembre 2018 Google espelle dal Play Store CM File Manager per “frode pubblicitaria“, e l’azienda stessa viene costretta dalla situazione ad eliminare “temporaneamente” le app Battery Doctor e CM Locker. Google stessa diffida tutte le applicazioni presenti sul Play Store ad utilizzare i tre SDK utilizzati per la frode (secondo Kochava, creati da Cheetah Mobile stessa), pena l’espulsione dal market, ed esclude Cheetah Mobile dal circuito pubblicitario proprietario AdMob.
Ma forse la più eclatante delle eliminazioni, nel turbinio degli avvenimenti, è stata quella effettuata da Google sul blog ufficiale di AdMob, il servizio pubblicitario della compagnia, dal quale è sparito il post dove la partnership con Cheetah Mobile veniva presentata come “storia di successo“. Fortunatamente, l’articolo è ancora visualizzabile su Internet Archive.
“Le pubblicità native sono il formato più efficace al momento nel mercato delle utility app, e le pubblicità-video sono il prossimo grande trend nel mobile advertising. AdMob ci fornisce la perfetta soluzione per entrambi i formati: pubblicità-video native. Le performance che abbiamo osservato con AdMob sono davvero incoraggianti e ci hanno già procurato un aumento dei guadagni.”
Chen Yong, Senior Vice-President di Cheetah Mobile sul blog di AdMob
Per Cheetah Mobile si prospettano tempi duri: in Borsa il titolo naviga in acque nere, e nonostante abbia recuperato il 24,39% dal suo minimo storico degli ultimi 52 mesi (accaduto proprio il 26 novembre scorso, all’inizio dello scandalo delle frodi pubblicitarie), non è possibile dimenticare che continua a stazionare ad un -63,26% dal suo massimo storico degli ultimi 52 mesi (-40,21% dal dicembre 2017). Ed è per questo che dalla Klein Law Firm, dalla Browen Piven Law Firm e dalla Robbins Arroyo LLP sono nate tre class-action a tutela degli investitori, che hanno visto i propri investimenti perdere valore a causa delle ben poco trasparenti politiche di Cheetah Mobile; alcuni fondi, come la Northern Trust Corp (che ha ridotto del -41,5% il proprio portafogli di azioni CMCM), hanno già cominciato a vendere parte delle proprie riserve di azioni, e 6 analisti di mercato hanno modificato su “Hold” il proprio giudizio sul titolo (in una scala che va da 1.0, “Strong Buy“, a 5.0, “Strong Sell“) – a un passo dal 4.0, “Sell“, e l’inizio della fuga di capitale.
GIOCHI E AI, IL NUOVO BUSINESS DOPO LE UTILITY APP
Se dunque le utility app in Occidente non rendono più come un tempo, di diverso avviso sono i giochi: nel Q3 2018 l’azienda ha generato 41,26 milioni di dollari solo dai giochi mobili, che insieme agli altri “Content-driven Products“, ai mini-giochi per WeChat e alle decine di contenuti acquistabili in-app fanno salire il guadagno complessivo dei prodotti d’intrattenimento a 72 milioni di dollari; ancora lontani dai numeri raggiunti dalle utility app e dai prodotti ad esse associati (121 milioni di dollari), ma con margini di crescita anno-per-anno decisamente superiori (37% contro 4%).
Gran parte dei guadagni poi si concentra al di fuori della Cina (13% in Cina, 87% nel resto del mondo) nonostante il numero di utenti sia proporzionalmente maggiore nel mercato domestico (il 30% degli utenti attivi mensilmente si concentra in Cina, gli altri al di fuori del Paese). A guidare il successo del settore videoludico del gigante asiatico sono stati titoli estremamente casual come Piano Tiles 2, Brick n Balls, Dancing Line e Rolling Sky; tuttavia sarebbe errato limitare il futuro di Cheetah Mobile ai giochi, poiché investimenti notevoli sono stati fatti anche nel campo delle intelligenze artificiali.
In collaborazione con la propria controllata OrionStar, l’azienda ha già infatti introdotto a livello commerciale il Cheetah GreetBot – un “robot-maggiordomo” dotato di schermo, tecnologia di riconoscimento facciale e ruote e capace di accogliere i visitatori in hotel, uffici ed edifici pubblici. Per ora verrà venduto solo in Cina, dove il mercato dei robot ci si aspetta raggiunga valori pari almeno ai 4 miliardi di dollari entro il 2020; come per le proprie app, Cheetah Mobile conta di battere la concorrenza (la giapponese SoftBank, per esempio) puntando più sull’economia del dispositivo che sulla rilevanza del software o sul range di azioni performabili.
Insieme ai robot, la compagnia ha lanciato a luglio il Cheetah Translator, un dispositivo grande poco più di un rossetto e in grado (secondo l’azienda) di tradurre conversazioni in cinese, inglese o giapponese. Venduto ad un prezzo più che concorrenziale: 40$ (e probabilmente per questo è stato “top seller“, sempre secondo l’azienda). A coordinare a livello software gli sforzi tecnologici ci pensa la piattaforma di sviluppo di Orion OS che, grazie agli accordi effettuati con partner locali e internazionali come Huawei, Xiaomi, Midea, Himalayan detiene già il 30% del mercato degli smart speaker.
LA CINA È VICINA, MA GLI USA DI PIÙ
Il futuro delle proprie app è legato dunque sia alla fiducia che la compagnia saprà suscitare nei mercati; ma anche ai risultati delle indagini di Google in merito alle accuse di frode. Già nel 2014 infatti Clean Master aveva subito un ban temporaneo dalla ricerca indicizzata di Google Play a causa di pratiche di concorrenza scorretta (incentivando la disinstallazione di Chrome a favore del browser proprietario CM Browser durante le sessioni di cache cleaning): come risultato, i download giornalieri delle altre sei app di testa di Cheetah Mobile erano calati dell’88%, segno della potenza trainante di Clean Master e della sua incisività nei conti dell’azienda.
Tuttavia, sarà il risultato del proseguirsi degli scontri tra Stati Uniti e Cina a determinare il fato di Cheetah Mobile: se al Q2 2018 Clean Master solo in Cina contava 30 milioni di utenti attivi giornalmente (il numero di utenti globali è ignoto), secondo Sensor Tower (escludendo la Cina dove Google Play non esiste) solo il mercato statunitense – dove si conta l’8% degli utenti totali, percentuale superata da India (12%) e Brasile (10%) – incide per il 35% dei guadagni generati dall’app. Un trend che si ripete per Cheetah Keyboard: pur contando solo il 5% degli utenti globali, gli USA si attestano il 51% dei guadagni mentre l’Indonesia, che dispone del 12% dei download complessivi, arriva a malapena al 2%. Idem per i giochi: con Brick n Balls (che secondo Sensor Tower ha accumulato 1 milione di dollari di ricavi solo a novembre, contro i 20.000$ di Clean Master) gli statunitensi forniscono il 71% dei guadagni; percentuali minori, ma comunque più alte complessivamente, anche per Dancing Line (30%) e Piano Tiles 2 (25%).
“Sotto la legge cinese, tutte le compagnie cinesi sono in debito solamente con il Partito Comunista Cinese, non con i loro azionisti o i loro dirigenti, e per questo ogni compagnia tecnologica cinese – che lavori nelle comunicazioni o nelle applicazioni mobili – dovrebbe essere trattata come un’estensione dello stato [cinese] e una minaccia alla sicurezza nazionale.”
Sen. Mark Warner, Vice-Presidente del Select Committee on Intelligence del Senato USA
Dunque mantenere l’operatività negli Stati Uniti è fondamentale, per Cheetah Mobile come d’altronde per ogni altra azienda con aspirazioni internazionali; sudori freddi devono aver patito i dirigenti quando, in seguito all’emersione della frode pubblicitaria, il senatore democratico Mark Warner (Vice-Presidente del Select Committe on Intelligence del Senato statunitense, organismo preposto alla valutazione dei rischi per la sicurezza nazionale) aveva subito spostato sulla compagnia la propria attenzione. “Tutte queste informazioni personali finiscono in server sperduti in Cina” aveva detto ai microfoni di Buzzfeed News; “al di là della faccenda della frode pubblicitaria, tutte queste informazioni personali raccolte sui cittadini americani” sono il vero problema.
Ma gli occhi dell’opinione pubblica, per ora, paiono essersi piantati sullo scontro tra Huawei e USA, con il Canada a fare da terzo incomodo e a subire le prime rappresaglie con l’arresto di due cittadini residenti in Cina. Cheetah Mobile può tirare un sospiro di sollievo – ma fino a quando?
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