Telegram verrà bloccato in Iran? L’applicazione di messaggistica preferita dagli italiani, dopo le più comuni WhatsApp e Facebook Messenger, potrebbe subire un blocco totale nel Paese persiano – il secondo, dopo quello minacciato dalle autorità russe, ed entrambi in regioni strategiche per l’applicazione.
Siete pronti per scoprire come e perché Telegram verrà bloccato in Iran, e per quale motivo dovrebbe importarvi?
TELEGRAM E L’IRAN, UNA RELAZIONE COMPLICATA
Il blocco totale e prolungato di Telegram in Iran è stato paventato molte volte, e attuato in alcune occasioni seppur non completamente e non per lunghi periodi di tempo. L’app è molto diffusa nel Paese, tanto da arrivare a coprire il 40% del consumo di traffico dati speso dagli utenti iraniani, vista l’assenza di alternative – WhatsApp è stata bloccata in tutto il territorio nazionale – e soprattutto la presenza di alcune caratteristiche che rendono quest’app di messaggistica unica.
In Iran Telegram dispone di 40 milioni di utenti ad accesso mensile (MAU), che su 45 milioni di abitanti e 200 milioni di utenti totali si caratterizza come la più grande base d’utenza a livello regionale; come riporta la rivista POLITICO, Telegram è divenuto uno strumento di condivisione di notizie molto potente nel Paese persiano dove ogni fonte d’informazione viene messa sotto pesante controllo governativo.
Telegram gioca un ruolo cruciale per l’opposizione moderata e democratica, che si serve del servizio di upload rapido di video e foto messo a disposizione di tutti gli utenti della piattaforma per scambiarsi documenti sensibili riferiti a rivolte, proteste o incidenti e pubblicarli su canali pubblici e privati. Proprio per incoraggiare il ruolo assunto dalla propria app, Pavel Durov ha deciso di dedicare ai canali in possesso di oltre mezzo milione di follower – numeri possibili solamente in Iran – server dedicati che aumentano le prestazioni in termini di caricamento di contenuti multimediali e di consegna dei messaggi ai propri follower.
Naturalmente non sono mancati i problemi: il caso più noto ha avuto luogo durante l’ultima ondata di proteste contro il regime degli ayatollah, generata dalla rabbia dei giovani iraniani che da anni vivono in un Paese in forte crisi economica e tagliato fuori dalla sfera di influenza economica dell’Occidente – senza però alcuna alternativa soddisfacente ad esso.
I see it as a big win for @telegram. The creators of Amadnews informed us they dismissed the admin who violated our “no violence” rule, promising to comply with our ToS in the future. That’s all we ever wanted to hear from them.
— Pavel Durov (@durov) 31 dicembre 2017
Durante le proteste gli amministratori del canale AmadNews decisero di diffondere presso la propria base di 700.000 membri fake news sulla figlia del capo della magistratura iraniana, oltre a suggerire l’uso di armi e ordigni casalinghi contro le forze di sicurezza del regime. Telegram decise di chiudere AmadNews, senza però impedire ai loro amministratori di dirottare i propri follower su un nuovo canale dopo che questi avevano rassicurato Durov ed i suoi collaboratori che l’admin che si era reso protagonista della violazione della regola “no violence” era stato allontanato. E proprio per questo motivo secondo Telegram l’applicazione era poi stata bloccata nel Paese, ma solo temporaneamente.
Ora, Telegram potrebbe essere bloccata nuovamente, e questa volta in via definitiva: ma per quale motivo?
IT’S A MATTER OF BUSINESS
Di motivazioni per impedire a Telegram di operare nel Paese, l’Iran ne dispone ben più d’uno. Dal ruolo cruciale svolto nell’organizzazione delle rivolte, alla parziale indipendenza dimostrata nei confronti dei filtri del regime sulla libera circolazione delle informazioni.
Ed è proprio la censura ad aver fatto breccia inizialmente nei media occidentali, che avevano ripreso le dichiarazioni del segretario della Commissione per la Sicurezza e la Politica Estera del Parlamento iraniano, Alaeddin Boroujerdi – a cui avevano seguito le parole del capo della censura governativa (il TDD), Abdolsamad Khorramabadi e di numerosi altri funzionari. Questi si erano espressi appunto contro le opposizioni che si servono di Telegram per fare propaganda politica, arrivando addirittura paventare la sostituzione di Telegram con un’app sviluppata e/o sponsorizzata dal governo.
Ma abbiamo dovuto attendere sino ad oggi per ricevere, per bocca del segretario del Gran Consiglio del Cyberspazio Hassan Firouzabadi, quella che probabilmente è la vera motivazione della forte opposizione a Telegram e del sentimento di ostilità nei confronti dell’app che attraversa buona parte dell’intellighenzia del Paese. Secondo Firouzabadi, il problema è rappresentato dalla Telegram Open Network e dall’annunciata “economia ristretta“ che l’applicazione intende lanciare all’interno della propria piattaforma tramite la criptovaluta Gram (per maggiori informazioni, vi suggeriamo di leggere la nostra guida “Gram e Telegram Open Network: che cos’è, come funziona e cosa sapere sulla criptovaluta di Telegram“).
Le autorità preposte sono infatti preoccupate dalla superiorità economica e commerciale che la criptovaluta di Telegram potrebbe avere sulla valuta nazionale, vista la diffusione dell’applicazione a livelli endemici nella popolazione.
“Non possiamo permettere alla valuta [virtuale di Telegram] di entrare nel Paese”
Hassan Firouzabadi
Il Telegram Open Network e la sua tecnologia blockchain avanzata – nonostante alcuni esperti del settore abbiano già espresso alcuni dubbi sulla sua fattibilità – potrebbe inoltre tarpare le ali a qualsiasi progetto analogo che il governo iraniano aveva in passato sostenuto di voler intraprendere, specialmente in merito allo sviluppo di una moneta digitale nazionale capace di superare il blocco all’economia imposto dalle sanzioni internazionali. Oltre naturalmente agli strumenti anti-censura che il TON implementerebbe.
Ma non tutti sono d’accordo sull’opportunità di bloccare Telegram: il più grande avversario di questa proposta è lo stesso Presidente dell’Iran, il noto moderato Hassan Rouhani, che reputa che il ban di Telegram dal Paese non sia la soluzione giusta per favorire lo sviluppo di soluzioni alternative alla piattaforma di chat, nonostante riconosca la necessità di interromperne il monopolio.
Nel frattempo, si può supporre che lo scenario che si va dipingendo in questi giorni in Iran – per quanto particolare visto il dominio monopolistico dell’informazione detenuto da Telegram, assente altrove – potrebbe ripetersi in altri Paesi. La creazione di un’economia parallela completamente slegata dal controllo statale non sarà ben visto dalle autorità europee e americane, ed a meno di non diventare la nuova Silk Road Telegram dovrà trovare la necessaria quadratura del cerchio.
Scopri QUI però tutti i motivi per cui la ICO di Telegram e la sua criptovaluta potrebbero fallire!
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