Pavel Durov è notoriamente un uomo sfuggente, che raramente si lascia intervistare dalla stampa – ma quando ciò accade, non manca di fornirci interessanti dati sul futuro di Telegram, il suo attuale stato di crescita, e molte altre informazioni che ci aiutano a comprendere meglio il panorama digitale che ruota attorno all’app di chat.
Siete pronti per scoprire tutto ciò che occorre sapere sull’intervista rilasciata da Pavel Durov a Bloomberg?
Telegram si apre ai finanziamenti, ma di tasse non se ne parla
Quando un’applicazione è in crescita, necessita di continui contributi per potenziare la propria struttura, sostenere i costi delle infrastrutture e finanziare il lavoro svolto da sviluppatori e progettisti.
A questa logica non sfugge nemmeno Telegram: l’applicazione, posseduta da Pavel e Nikolai Durov (attraverso un complicato e per nulla chiaro sistema di attribuzioni di proprietà che ha sollevato un piccolo scandalo, di recente) viene ancora vista dal fondatore come “un’attività di beneficenza”, di sicuro molto costosa – le stime parlano di un milione di dollari al mese per il pagamento della struttura server.
I soldi non sembrano essere un problema: gli sviluppatori sono profumatamente remunerati (Durov afferma di aver trasformato in milionari i propri collaboratori più stretti per metterli al riparo da tentativi di corruzione) e lo stesso fondatore dell’app è riuscito a trasferire al di fuori della Russia, in seguito alla vendita del social network VKontakte ben 300 milioni di dollari, insieme a 20.000 Bitcoin.
Durov sostiene di averli pagati 750$ a pezzo; un investimento che dimostra la sua lungimiranza, grazie al roseo trend delle criptovalute che in queste settimane fa sorridere i produttori – tanto che alcuni indicano nello sfondamento della barriera dei 15.000 dollari di valore l’emersione di una bolla pronta ad esplodere – e ha portato il suo portafogli virtuale ad un valore stimato tra 1,5 e 35 milioni di dollari. Durov è ottimista sul futuro delle criptovalute: a suo parere, i Bitcoin (e più in generale le valute virtuali) sono “l’oro del futuro”: un bene-rifugio nel quale investire. Ma le sue non sono parole del tutto disinteressate: su Telegram la comunità dei criptoinvestitori è cresciuta esponenzialmente (tanto che i gruppi Telegram da loro fondati sono divenuti un affidabile indicatore del valore di una valuta) e Durov stesso ammette che “l’intera comunità delle blockchain e delle criptovalute si è spostata su Telegram”.
Che siano virtuali o fisici, Telegram comunque avrà bisogno in futuro di finanziamenti: ecco perché Durov ha aperto ad una possibile monetizzazione, ma unicamente per permettere lo sviluppo delle prossime implementazioni. Non sono state effettuate anticipazioni – ma il giovane milionario russo ha specificato di stare lavorando “a qualcosa di molto grosso”.
Al contrario però della tendenza che vede Facebook, Google e gli altri giganti della tecnologia e dell’e-commerce scendere a patti con i governi europei per il pagamento delle imposte, Durov non sembra voler cedere alle pressioni. Rimanendo fedele ai propri principi di anarco-capitalista – secondo cui “taxation is theft” – ha deciso di spostare il proprio ufficio, dopo tre anni di peregrinazioni intorno al mondo, a Dubai.
“Un sacco di persone in Occidente non capisce come le tasse limitino le loro possibilità. Puoi finire per pagare sino a metà del tuo stipendio [in Italia anche di più, ndr] in tasse, il che significa che lavori per il governo per 180 giorni all’anno. Penso di essere in grado di trovare soluzioni migliori per usare il mio denaro e contribuire allo sviluppo della società.”
Pavel Durov
Più precisamente, al 23esimo piano di un grattacielo al Dubai Media Center, dove potrà godere della tax-free zone messa a disposizione dal governo degli Emirati Arabi Uniti agli investitori stranieri – i soldi risparmiati serviranno a finanziare anche (ma non solo, naturalmente) il suo costoso stile di vita, come testimonia la scelta del Siddharta Lounge Bar come luogo d’incontro per l’intervista (un locale dove una semplice pizza margherita viene a costare 60$).
Iran, Russia e Stati Uniti
Certamente deve aver influito sulla sua attuale visione del mondo e del ruolo dello Stato nello sviluppo della società la sua esperienza con il governo russo, che come abbiamo più volte ricordato è riuscito a forzare la vendita di VKontakte, la sua prima creazione e social network diffusissimo in Russia.
Ora, che nell’arco di pochi anni Telegram è riuscito a raggiungere lo stesso risultato in Iran, Durov si è detto “molto curioso” di osservare gli effetti che una social app come quella da lui lanciata possa avere in un Paese conservatore, autoritario e dispotico come l’ex-Regno di Persia. Ben 40 milioni degli utenti totali di Telegram provengono da quella regione, segno che il Paese mediorientale è il principale bacino d’utenza dopo la Russia. Ed è anche per questo che ha deciso di mantenere un basso profilo: nonostante sia stato condannato in contumacia per reati ascrivibili all’uso distorto fatto da terroristi, pedofili e trafficanti d’uomini della propria app, e considerando pure il blocco effettuato dal regime – sotto pressione dei carrier locali – alle chiamate VoIP dell’app (oltre a tutto il resto), Telegram continua a rappresentare il 40% dell’intera navigazione su Internet in Iran, secondo l’istituto Techrasa.
Ma Durov non è solo nel mirino degli ayatollah: anche la Russia non gli ha mai dimostrato simpatie – anche se non vuole assolutamente essere identificato come un “dissidente politico” – così come gli USA, perlomeno dopo aver raccolto il favore di due personaggi quali Julian Assange e Edward Snowden. I due, divenuti celebri per i furti d’informazione a danno del governo statunitense, in un modo o nell’altro si sono avvicinati a Durov e Telegram, tra simpatie e critiche (specialmente da parte di Snowden, il quale rifiutò l’offerta di lavoro di Durov ed approdò a Signal).
Ma al milionario russo le fughe di dati sembrano non dispiacere: interrogato in merito ai leak emersi durante la campagna elettorale statunitense a danno della candidata democratica Hillary Clinton, Durov afferma di non avere idea se il governo russo possa essere il mandante, anche se non lo esclude completamente. Semplicemente, data la facilità dell’operazione, non era nemmeno necessario; anzi, sbruffoneggia un po’: “avrei potuto farlo io a 12 anni”, dice.
Valore e futuro di Telegram
Per ora, l’acquisizione di Telegram da parte di un gruppo esterno è da escludere: nonostante alcuni esperti della Silicon Valley abbiano attribuito alla sua creatura un valore compreso tra i 3 ed i 5 miliardi di dollari, lui ha deciso che non venderà mai, “nemmeno per 20 miliardi di dollari”.
Nonostante cinque miliardi di dollari possano sembrare una quotazione molto vantaggiosa, non si avvicina al prezzo pagato a suo tempo da Facebook per l’acquisizione di WhatsApp: allora Zuckerberg pagò 14 miliardi di dollari per acquisire quella che sarebbe diventata oggi l’app di chat più diffusa al mondo, con oltre 2 miliardi di utenti attivi al giorno. Facebook pagò 40$ circa ad utente: se Telegram ricevesse una simile valutazione, il prezzo salirebbe a più di 7 miliardi.
Anche se secondo l’analista tecnologico moscovita Alexander Vengranovich non è possibile compiere una simile valutazione per via della natura oscillante di Telegram – che va dal social networking al chatting, mercato quest’ultimo ormai saturo, il dato che più preoccupa è la crescita dell’user base. Con 180 milioni di utenti (si suppone attivi al mese), è cresciuta di “solo” 80 milioni dal febbraio 2016, quando celebrò il raggiungimento dei 100 milioni; una media di 3,6 milioni al mese, ma dobbiamo considerare che 40 di questi sono riferiti ad un’area “sporca” come quella iraniana, dove la stabilità di qualsiasi servizio è sempre in dubbio per via della volubilità del governo locale – senza contare che Telegram stesso non permette agli utenti iraniani di collegarsi a gruppi e supergruppi pubblici per via dell’intensa attività di spamming da loro praticata.
Naturalmente, la crescita dell’utenza non corrisponde al successo eventuale della piattaforma: Snapchat ha guadagnato poco più di 50 milioni di utenti dal Q1 del 2016 ad oggi, ma ha ricevuto una delle più alte valutazioni di sempre al momento dell’entrata a Wall Street. Questo perché il valore attribuito ad un’app non è reale, ma eventuale: attesta le potenzialità di crescita e sfruttamento commerciale. E di quante ne sarà in possesso Telegram?
Cosa sai e cosa non sai su Pavel Durov? Mettiti alla prova leggendo QUESTI cinque fatti che lo riguardano!
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