#Applefun: Apple in Cina vende la privacy dei suoi utenti, dimostrando che non è più quella di “1984”

Quando Pavel Durov ha spiegato, il 14 agosto scorso, i motivi per cui Telegram non utilizza un sistema crittografico end-to-end che non sia limitato alle sole chat segrete, forse molti non hanno notato la frecciata, piuttosto evidente a dire la verità, nei confronti di Apple. La strategia promozionale adottata dal fondatore di Telegram da tempo consiste anche nel paragone diretto con altre realtà, e per tale motivo probabilmente la denuncia della disastrosa gestione di Apple in Cina dei dati personali dei suoi utenti è passata largamente inosservata. Ma il rapporto tra Apple e Cina è, in questo caso, terribile ed ipocrita proprio come sottolineato nel post da Durov.

Siete pronti per scoprire perchè Apple in Cina sta demolendo la privacy?

La Psico-Polizia di Cupertino

Quando le principali fonti di stampa nazionale ed internazionale hanno dovuto riportare la notizia dell’espulsione dall’App Store cinese di tutte le app VPN che non possiedono un’autorizzazione governativa, molti pubblicisti sono ricorsi ad un esempio piuttosto famoso e recente per evidenziare l’ipocrisia del comportamento di Apple in Cina.

Il fatto che dunque Apple abbia deciso di seguire le direttive del governo cinese e si sia piegata al diktat che impone la rimozione delle VPN dall’unico market di applicazioni per smartphone iOS, è già di per sé un evento di allarmante portata. La spiegazione poi fornita da Tim Cook, che cita l’obbedienza alle leggi locali quale standard comportametale della società in ogni mercato in cui operi, è poi altrettanto disarmante.

Ma se poi a tutto ciò viene affiancata l’immagine offerta dalla stessa azienda che nel 2016 si era rifiutata di inserire una backdoor in un iPhone per permettere alle forze di polizia di recuperare le informazioni del terrorista di San Bernardino, l’intera faccenda assume caratteristiche grottesche e surreali. Perchè diventa davvero difficile credere che Apple in Cina agisca nel miglior interesse dei suoi consumatori offrendo VPN approvate dal governo cinese, così come spiegato da Tim Cook.

Ma l’incipit di questo paragrafo sottintende che potrebbe esserci un esempio migliore del caso di San Bernardino da presentare a corredo di tali avvenimenti, e così è. Nel 1984 infatti Apple mostrò uno spot da 60 secondi – durante il Super Bowl, l’evento televisivo più seguito d’America – chiamato “1984”, e riferito al famoso romanzo di George Orwell (tornato di moda di questi tempi).

Nel video si comunica un messaggio ben preciso: l’accentramento di potere da parte di una multinazionale comporta il conformismo delle masse che sono costrette a servirsi dei suoi prodotti in mancanza di alternative. E se allora ad essere sotto accusa era proprio IBM, oggi la lettura del testo pronunciato dall’annunciatore dell”paradiso di pura ideologia assume un altro significato e scivola in maniera stranamente fluida sulle attuali mosse della compagnia in territorio cinese.

Oggi, noi celebriamo il primo glorioso anniversario delle Direttive sulla Purificazione dell’Informazione. Noi abbiamo creato, per la prima volta in tutta la storia, un paradiso di pura ideologia. Dove ciascun lavoratore può realizzarsi al sicuro da invasioni destabilizzanti di verità contraddittorie e arrecanti confusione. La nostra Unificazione dei Pensieri è un’arma più potente di qualsiasi flotta o armata sulla terra. Noi siamo un popolo, con una volontà, una risoluzione, una causa. I nostri nemici dovranno parlare a sé stessi fino alla morte e noi li sotterreremo con la loro stessa confusione. Noi vinceremo!

David Graham, 1984

Le parole pronunciate da David Kayne, Promotion and Protection of the Right to Freedom of Opinion and Expression, all’indirizzo di Apple non riguardano dunque solo la censura delle VPN, ma anche la costruzione di un centro dati iCloud in territorio cinese. Nonostante Apple specifichi che il controllo delle chiavi crittografiche per l’accesso ai dati rimarrà in mano alla società, queste saranno poi concesse alle autorità qualora ne facciano richiesta nelle previste condizioni legali, sempre secondo il portavoce dell’azienda. Sempre senza citare la presenza di un rappresentante del governo della provincia di Guizhou.

Sindrome cinese

Nonostante le dichiarazioni ottimistiche del responsabile vendite di Apple, Luca Maestri, è sufficiente dare uno sguardo alle terribili performance di Apple in Cina per capire che l’intuizione del Financial Times non sia troppo lontana dalla verità. Anzi, ne sia decisamente vicina.

Il quotidiano economico cita infatti la caduta libera delle vendite di dispositivi Apple in Cina come giustificazione dell’attuale politica di apeasement dell’azienda nei confronti di un sistema dispotico ed autoritario quale quello cinese. Per il sesto quadrimestre consecutivo, Apple ha registrato una flessione nei ricavi, frutto di un panorama sfavorevole all’azienda non rintracciabile in un’unica causa.

Da una parte infatti Apple paga lo scotto di una più generale mancanza di appeal, a sua volta conseguenza della mancata introduzione di feature esaltanti o originali negli ultimi mesi, se non anni, tali da giustificare una forbice di prezzo tale tra i suoi prodotti e quelli della concorrenza. Dall’altra è proprio quest’ultima a suggerire ad Apple l’unica, o perlomeno la più efficace, strada per aumentare i profitti in Cina: la collaborazione con il governo.

Tencent, sviluppatrice dell’app di chat WeChat, ha dimostrato la propria fedeltà al sistema socialista locale introducendo filtri ai contenuti pubblicabili in suolo cinese, così da impedire la condivisione e diffusione di materiali considerati “vietati dal sistema, quali notizie sul Tibet o sui fatti di Piazza Tienanmen, sia in chat di gruppo che in forma di materiali multimedali in conversazioni private. Noi stessi abbiamo pubblicato QUI un’illustrazione del processo di censura.

Bill Gates, per favorire l’espansione di Microsoft in Cina, ha aperto un canale stabile sui principali social network cinesi

L’introduzione delle mini-app ha poi guadagnato a WeChat l’appellativo di store più concorrenziale nei confronti dell’App Store, offrendo piccole applicazioni compatibili con qualsiasi sistema operativo sia supportato dall’app (e dunque sia da Android, che da iOS). Ciò non solo avvantaggia Tencent nello scontro a livello applicazionale, ma anche Android e gli smartphone cinesi, dato che questo mini-store alternativo non è legato a SO proprietari.

Oltre dunque all’investimento da un miliardo di dollari per la creazione di un centro dati iCloud, Apple confida nella buona volontà del governo centrale, così come nell’evoluzione sempre più costante al sistema capitalistico del modello socialista cinese, affinchè questo allenti le maglie e consenta una riapertura a timidi servizi favorenti la privacy degli utenti.

Beata illusione.

Non solo: scopri QUI perchè non esiste un motore di ricerca Apple, e perchè la casa di Cupertino preferisce che sia Google a dominare il mercato!

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Apple in CinaCensura delle app di chatVPNWeChat
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