Smart speaker: cosa sono, quali sono, come funzionano e quanto costano – GNU
Gli smart speaker sono un mercato ancora in fasce, ma certamente occuperà una grande fetta degli investimenti delle maggiori e minori aziende del settore tecnologico negli anni a venire: interconnessi, intelligenti ma soprattutto una nuova frontiera per il business e la privacy, gli smart speaker potrebbero invadere le nostre abitazioni prima di quanto pensiamo.
Siete pronti per scoprire tutto ciò che occorre sapere sugli smart speaker Android e non solo?
Cosa sono gli smart speaker
Sferici, cilindrici, ma anche piatti o cubici: gli smart speaker Android – e iOS – assumono e assumeranno in futuro tutte le possibili forme geometriche, ma manterranno intatte (perlomeno nei primi anni di espansione del mercato) le finalità connesse alla propria produzione e vendita: l’assistenza all’utente nelle sue mansioni quotidiane.
Uno smart speaker è caratterizzato infatti, oltre che da un corredo tecnico all’avanguardia, dalla presenza di un’AI in grado di recepire, analizzare e tradurre in bytes un comando vocale dell’utente, e rispondere di conseguenza. Le azioni disponibili variano da un assistente artificiale all’altro, ma più generalmente permettono di impostare appuntamenti sul calendario, lanciare playlist musicali, chiamare contatti o cercare definizioni su Internet di parole, verbi e congiunzioni.
Come funzionano gli smart speaker
L’AI è probabilmente il cuore, il cervello ed i muscoli di uno smart speaker, e di conseguenza gran parte degli sforzi dei produttori si concentrano sulle capacità di comprensione ed elaborazione dell’assistente vocale integrato. In termini generalistici, si può affermare che sia nata prima l’AI che lo smart speaker: nonostante i primi Amazon Echo fossero già commercializzati nel 2014, sino al 2016 i produttori tentarono di integrare le proprie AI (Cortana per Microsoft, Hound per SoundHound, Siri su iPhone) negli smartphone, non tutti raccogliendo il medesimo grado di consenso.
Che stessero attendendo solamente il momento opportuno, o che le tecnologie necessarie non fossero ancora pronte, poco importa: con il lancio del Google Home nel 2016 ha corrisposto anche l’inizio dei primi rumor, notizie e conferme della produzione di smart speaker da parte della concorrenza.
La localizzazione
La localizzazione è fondamentale per un’AI che intenda guadagnarsi una reputazione positiva presso il grande pubblico. Non solo dunque ci si aspetta che un’assistente sia in grado di riconoscere la voce di un utente nella lingua del Paese in cui è stato commercializzato, ma occorre che comprenda nel proprio database anche influenze dialettali, accenti e possibili difetti di pronuncia che potrebbero altrimenti inficiare l’esperienza utente, suscitando insoddisfazione.

Si tratta di un problema non secondario, anzi: proprio per venire a capo al problema della localizzazione – solamente della lingua inglese! – Google è arrivato a chiedere aiuto alla popolare piattaforma Reddit, mentre Samsung ha più volte dilazionato l’arrivo del proprio assistente Bixby per via dell’incapacità dell’algoritmo di comprendere tutte le sfumature della lingua di Albione.
I problemi del riconoscimento vocale
Smart speaker e smartphone sono due mondi diversi caratterizzati da differenti priorità. Per questo il sistema di riconoscimento vocale richiede necessariamente un upgrade rispetto agli standard delle AI nei telefoni Android: un assistente dunque non deve solamente essere in grado di riconoscere la voce del proprietario dello speaker, ma anche distinguere una voce reale da, per esempio, il presentatore di un programma o di una pubblicità. I primi problemi sono sorti quando, dalle televisioni di tutti gli Stati Uniti, è capitato che anchorman e commentatori abbiano pronunciato la parola d’avvio degli speaker, causando la contemporanea attivazione di milioni di Amazon Echo.
Essendo poi Amazon principalmente un’azienda di e-commerce, in più di un’occasione si è trovata costretta a risarcire acquisti effettuati da un’inconsapevole Alexa che aveva scambiato il chiacchericcio di un programma televisivo per un ordine del proprio padrone.
Ma c’è anche chi gioca sporco: Burger King, per esempio. La sua pubblicità “Connected Whopper” – vincitrice del premio di “Miglior abuso di tecnologia” ai Cannes Lions 2017 – se riprodotta all’interno di una stanza condivisa da un Google Home, ne causava volontariamente l’immediata attivazione a scopi pubblicitari.
Privacy
I problemi legati alla privacy e sicurezza nel possesso di un orecchio elettronico all’interno della propria abitazione sono palesi, ma non tutti gli acquirenti sembrano riflettervici a sufficienza nel momento dell’acquisto di uno smart speaker.
Amazon Alexa ed i suoi dispositivi Echo e Dot sono stati più volte protagonisti di episodi di testimonianza in merito a furti e persino omicidi, il cui caso più eclatante ha riguardato il presunto assassinio di un cittadino statunitense. Amazon, a cui le autorità avevano richiesto collaborazione per la fornitura dei dati di registrazione del giorno di avvenimento dei fatti, ha resistito solo per qualche giorno, finendo per cedere alle pressioni.
Alcuni analisti sono arrivati a definire la presenza degli smart speaker nelle abitazioni come una violazione del Quarto Emendamento, che si riferisce appunto ai limiti imposti alle forze governative in merito alla ricerca e richiesta di dati ed elementi personali – proprio come nel caso dell’Amazon Echo, testimone di un delitto.
Ma non si tratta dell’unica preoccupazione: la possibilità infatti che un hacker possa intercettare o assumere il controllo di uno smart speaker è altrettanto concreta e temibile. Una serie di test condotti su un dispositivo Echo vecchio modello ha dimostrato la possibilità di una simile evenienza, nonostante richieda l’accesso fisico al dispositivo, almeno due ore di tempo a disposizione e conoscenze sui sistemi Linux superiori alla media. In ogni caso, la vulnerabilità è stata comunque provata.
I migliori smart speaker
Il mercato degli smart speaker è attualmente diviso tra gli unici due concorrenti che, prima di tutti gli altri, sono riusciti a proporre al pubblico un prodotto di qualità ed estremamente versatile: Amazon Echo e Google Home. Il primo – che dispone di tre varianti: Echo Tap, Echo Dot ed Echo Show – si avvantaggia di una più duratura presenza in un settore dove, prima del Google I/O 2016 e della presentazione del Google Home, era praticamente l’unico giocatore attivo. Lo smart speaker di Google, invece, può contare su una struttura solida di dispositivi e software interconnessi, un assistente vocale tra i più avanzati e, chiaramente, Google.

Secondo le ultime statistiche, Amazon Echo occupa l’82% del reparto degli smart speaker in qualsiasi store mentre Google Home si attesta sul 18%; entro la fine del 2017 si prevede che Amazon Echo retrocederà sino al 71% mentre Google Home continuerà la sua avanzata raggiungendo il 24%, mentre il rimanente 5% verrà diviso tra gli altri concorrenti.
Già: gli altri concorrenti… chi? Sono tanti attualmente i produttori che hanno deciso di tuffarsi nel settore degli smart speaker: noi abbiamo incluso in questa GNU i cinque più rilevanti.
Amazon Echo (Amazon)
Dopo la delusione degli smartphone Amazon Fire, lanciati nello stesso periodo dei primi device Echo, si può di certo dire che la società di Jeff Bezos abbia ottenuto maggiori soddisfazioni dalla propria linea di smart speaker.

Dal 2014 ad oggi gli Amazon Echo, inizialmente ritenuti al più un esperimento, hanno conquistato la maggioranza del mercato per via dell’assenza di competitor nei primi anni di commercializzazione; attualmente sono presenti tre varianti che rispondono a diverse esigenze della clientela. Echo Dot è la versione “portatile” (le dimensioni sono simili a quelle di un disco da hockey) ed assomiglia più ad un altoparlante che ad uno smart speaker; Echo Tap è invece la versione “da viaggio” dell’Echo base, in quanto questi non può rimanere scollegato dalla presa da tavolo.
Infine, il nuovo Echo Show dispone di uno schermo per interfacciarsi tramite touchscreen al sistema centrale ed effettuare videochiamate.
Google Home
Presentato nel 2016 insieme al Google Assistant, Google Home è la risposta della casa di Mountain View a quanti chiedevano uno smart speaker interconnesso con tutti i prodotti della G Suite.

Il dispositivo, che sotto molti aspetti ricorda più un diffusore di aromi che uno speaker vero e proprio, non è il primo debutto della società nel mondo delle smart home: tramite la propria controllata Nest da anni Google si era esercitata nella costruzione di device per l’IoT; la produzione del Google Home è stato però un coraggioso salto in avanti sia sul piano software – il Google Assistant era un prodotto completamente diverso dagli assistenti precedenti, Google Now e Now on Tap – che su quello hardware. Naturalmente viene dotato di connessione Bluetooth, WiFi ed integrazione con altri prodotti della casa quali Chromecast e Nest.
Invoke Speaker (Microsoft)
L’azienda di Seattle non poteva non mostrare i muscoli anche in questa competizione, ma come in molti altri campi rischia di rimanere agli angoli del ring: l’Invoke Speaker, progettato da Microsoft ma prodotto dalla società Harman Kardon, può vantare la presenza di ottimi componenti e di un altrettanto superlativo assistente vocale, Cortana. La compatibilità con Android ed iOS, oltre che la presenza di altri piccoli vantaggi dati dalla struttura-Microsoft (come Skype, che consentirà di lanciare e ricevere chiamate VoIP, o la compatibilità con dati e accessori della suite Office) permettono di dimenticare il design copiato palesemente da Amazon Echo.
Facebook Smart Speaker
Dal nome ancora sconosciuto, lo smart speaker in produzione presso la sezione sperimentale di Facebook, Building 8, ha attirato l’interesse dell’intera comunità tecnologica, specialmente per via del ruolo di debuttante nel settore hardware del social network.

Di certo si sa che il dispositivo possiederà un ampio schermo da quindici pollici, sarà composto principalmente di alluminio e monterà Android quale sistema operativo, al posto di una soluzione auto-prodotta. Non è chiaro se disporrà dell’assistente virtuale M, in sviluppo da tempo presso Facebook ma ancora tutto da vedere. Sicuramente la società di Menlo Park sta progettando uno smart speaker orientato verso l’interazione multimediale, visti sia la fotocamera ad ampio angolo di visione integrata – inizialmente era stata prevista una camera a 360 gradi, che però non sarebbe stata prodotta in tempo – sia i rumor dello sviluppo di un’app di video-chat per il device.
La data di debutto prevede il secondo trimestre del 2018 come la più probabile, mentre il prezzo si attesta sulle “qualche centinaio di dollari”.
Apple HomePod
Dopo Facebook, Microsoft e Google, poteva il quarto – ma non ultimo – concorrente della storica corsa al primato tecnologico non presentarsi sul tracciato?

Naturalmente no: ecco allora Apple lanciarsi con l’HomePod, uno smart speaker dalle dimensioni contenute e dall’aspetto terribilmente somigliante al vecchio Mac Pro – ma speriamo che questa volta la ricezione da parte del pubblico sia decisamente migliore. Dotato di un processore Apple A8, 1GB di RAM per alimentare Siri – che sarà la star di questo dispositivo, l’HomePod disporrà anche di uno schermo da 272×340 pixel, le medesime dimensioni di quello presente sull’Apple Watch da 38mm.
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