La chiesa di Facebook è costruita sulla sabbia dei byte – Tecnologio
Mark Zuckerberg vuole sostituire le chiese con i social network, ma non è una gran bella cosa
“Non trasformate la casa di mio Padre in un mercato!”
Gesù, Giovanni 2, 16
La purificazione del Tempio è un passaggio scenicamente molto forte della Bibbia: i mercanti ed i cambiavalute all’esterno del tempio vengono allontanati a colpi di bastone da un Gesù animato da una particolare foga, la stessa che porterebbe un padrone di casa a cacciare un ospite maleducato e invadente. Molti autori individuano in quest’atto il trigger che scatenerà l’odio della comunità ebraica e che porterà Gesù alla crocifissione solamente una settimana dopo.
È passato invece nell’indifferenza l’intervento di Mark Zuckerberg al primo Facebook Community Summit in cui, oltre a presentare la nuova mission del social network, ha anche esposto la propria personale teoria sull’importanza dell’aspetto comunitario nella vita quotidiana.
“Whether they’re churches, sports teams, or neighborhood groups, they give us the strength to expand our horizons and care about broader issues. […] People who go to church are more likely to volunteer and give to charity — not just because they’re religious, but because they’re part of a community.“
Mark Zuckerberg, Facebook Community Summit
Egli cita i principali luoghi di aggregazione cittadini – gruppi di quartiere o team sportivi – ma focalizza la propria analisi proprio sulle chiese, ritornandovi più volte. Zuckerberg ha infatti ritenuto opportuno sottolineare che la marcata impronta solidaristica riscontrabile nell’ambiente parrocchiale non è data dall’aspetto religioso del luogo di aggregazione, ma dall’esistenza stessa di una comunità nella quale relazionarsi, convivere, confrontarsi.
- Mark Zuckerberg ha sempre avuto un rapporto conflittuale con la religione, negando la propria fede ebraica in gioventù per poi nuovamente convertirsi all’ebraismo, mostrando comunque segni di apprezzamento per il buddismo ed il cristianesimo, arrivando ad incontrare Papa Francesco nel 2016. Proprio in occasione di tale incontro, Zuckerberg ha espresso tutta la propria ammirazione per “le sue capacità [del Papa, ndr] di trovare nuovi modi di comunicare con persone di ogni religione in tutto il mondo” – e si potrebbe dire che il giovane proprietario di Facebook non abbia mancato di prendere appunti in proposito.
Quanto traspare dal messaggio di Zuckerberg è infatti allarmante e prevedibile al tempo stesso: da una parte, sottolinea il declino del ruolo posseduto in passato – ma ancora oggi, anche se forse in misura minore – dalle chiese quali centri di ritrovo, dall’altra implicitamente (ma nemmeno troppo) lascia trasparire l’intenzione di Facebook di appropriarsi di questo territorio, rimasto incolto.
Vi sono vari aspetti che collegano la comunità cristiana: 2 miliardi sono – all’incirca – i fedeli di Cristo, seppur suddivisi nelle varie diramazioni e confessioni, ed altrettanti sono gli utenti iscritti al social network; come molti cristiani professano solo saltuariamente la propria fede, così molti utenti si limitano a visualizzare, mettere Mi Piace quando capita, collegarsi se necessario. E se qualcuno decide di non iscriversi a Facebook, di frequente prende tale decisione per motivazioni ascrivibili più che altro al campo dell’ideologia o della moda o quale segno d’odio nei confronti del suo fondatore o dei suoi amministratori. E lo stesso dicasi per la religione.
Ma ammettere che Facebook possa sostituire le chiese quale strumento di aggregazione non solo suona come una bestemmia alle orecchie del credente, ma dovrebbe fare inorridire anche il più scettico degli internauti. Come ben scrive Peter Omerod sul Guardian, la sostanziale differenza tra il cristianesimo e Facebook è l’obbiettivo che si pongono, la religione e il social network.

La prima ci spinge a considerare i nostri difetti, il secondo ad esaltare i nostri pregi, spesso ipocriticamente. La prima ci obbliga a confrontarci con l’eventualità di una dannazione eterna – che in un mondo scavato nei lineamenti dell’individualismo continua ad essere sempre più dimenticata – il secondo può al massimo minacciarci con un’estromissione di uno, due, tre mesi. Trascorsi i quali- oplà, di nuovo sul pezzo, pronti a commentare la nuova foto della modella o a criticare il governo. E se proprio non potete aspettare, si può sempre creare un profilo di riserva.
Ma per Dio non esistono profili di riserva, e per fortuna Lui è molto più misericordioso di quanto non lo sia Zuckerberg, o uno dei suoi moderatori mal pagati e sfruttati sino al midollo. Ovviamente, l’idea che Facebook – ma le piattaforme sociali in generale – possa proporsi come alternativa alla religione è reale e concreta e trascende dalla specificità del social network di Zuckerberg. In un mondo dettato dall’individualismo e dal maniacale desiderio di esporsi, non ci può essere altra antitesi sociale proprio della chiesa e dell’ambiente religioso, dove invece si richiede modestia d’intenti e d’animo. Che l’applicazione pratica sia differente dall’enunciazione teorica è un altro discorso ma almeno, mirando alla Luna, anche sbagliando si finisce comunque sulle stelle.
Ma forse qui mi sbaglio io. Forse Zuckerberg, quando si riferiva alle chiese, intendeva in realtà i templi, ed in particolare di quelli olimpici. Lì sì l’utente può aspirare alla divinità di Zeus: come il dio olimpico, nonostante l’apparente onnipotenza è schiavo dei sacrifici tributati dai seguaci e, nel momento in cui questi svaniscono perchè un Ade avventato causa la carestia sulla Terra per colpa dell’amore, si preoccupa, si affanna. E, proprio come Giove, deve sottostare ad una potenza ancora superiore, a lui invisibile ma comunque presente: il Fato – che nella sua versione più moderna ha preso il nome di Zuckerberg.
Insomma; senza scomodare le beatitudini (“Beati i miti, perchè essi avranno in eredità la terra”), voglio concludere citando il mio passaggio preferito in assoluto dei Vangeli (al posto degli approfondimenti):
“E quando digiunate, non assumete aria malinconica come gli ipocriti, che si sfigurano la faccia per far vedere agli uomini che digiunano. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Tu invece, quando digiuni, profumati la testa e lavati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo tuo Padre che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà.”
Gesù, Matteo 6, 16
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