Perchè Telegram ha bisogno del suo Bill Gates – Tecnologio
Telegram ha bisogno di un promoter: gli strumenti ci sono, le persone no
“Celebrità: il vantaggio di essere conosciuti da coloro che non vi conoscono”
Nicholas de Chamfort, Massime e pensieri
È passata sotto silenzio – molto, troppo – la notizia per cui Bill Gates, lo scorso febbraio, ha aperto un proprio account pubblico sull’app WeChat (gatesnotes) dandone annuncio attraverso un video pubblicato sulla piattaforma di messaggistica e raggiungendo in poche ore vertiginosi risultati in termini di visualizzazioni e condivisioni (oltre 100.000 le prime, più di 23.000 le seconde in una sola giornata).
Si tratta di una strategia di penetrazione nel mondo cinese ormai consolidata ed i numeri sfoggiati da quel breve filmato di trenta secondi non devono stupire più di tanto, se consideriamo che il fondatore di Microsoft è presente nel territorio digitale cinese da almeno sette anni grazie alle sue continue attività sulla piattaforma di blogging Weibo, dove mantiene un pubblico di tre milioni di follower. E non si tratta nemmeno di una crociata in solitaria, in quanto sia Tim Cook che l’astrofisico Stephen Hawkings pubblicano periodicamente aggiornamenti sul proprio campo d’applicazione.

Proprio come le tre caravelle di Colombo, i tre personaggi si intrattengono con una user-base che sfiora il mezzo miliardo di utenti; l’accesso a WeChat, di proprietà della società Tencent, era solo una questione di tempistiche. Ogni giorno infatti più di 700 milioni di cinesi passano circa 90 minuti su WeChat, applicazione trasformatasi da semplice piattaforma di chat a suite di pagamenti online: grazie alla presenza di mini-programmi (qualcosa a metà strada tra le app e i bot) WeChat permette di eseguire qualsiasi azione, dal pagamento delle bollette alla prenotazione di un tavolo al ristorante, senza mai abbandonare l’applicazione ed il suo confortevole cubicolo digitale.
Il caso cinese è sicuramente un esempio al limite: in Cina vige uno stretto regime censorio, i principali social network occidentali sono vietati o pesantemente limitati e dunque appare più che naturale che WeChat, stabilmente sotto il tallone dei servizi segreti cinesi come da noi raccontato, sia così popolare. Ma è altrettanto logico immaginare che l’arrivo di Bill Gates sia stato comunque un motivo di vanto per la piattaforma, che pure poteva già sfoggiare gioielli come Selena Gomez o i Backstreet Boys ma che agli occhi di un’utenza più pragmatica e meno social potevano apparire come di peltro.
Telegram, come Facebook o WeChat, mira alla realizzazione di un ecosistema nel quale l’utente è invogliato a rimanere: blogging, videochat, chiamate VoIP, è tutto compreso in un’unica piattaforma
Paragonare Telegram a WeChat è dunque così fuori luogo? Non del tutto: Telegram, come WeChat e Facebook, mira alla costruzione di un ecosistema che inviti l’utente a non fuoriuscirne, provvedendo a fornirgli tutti i bisogni necessari. L’Instant View come gli Instant Articles, i bot come i mini-programmi, Telegra.ph come gli Appunti di Facebook; ogni soluzione mira a fornire all’utente un’alternativa comoda ed agevole alla concorrenza, anche se non sempre tale strategia garantisce un risultato efficace.
I motivi principali per cui l’user base di Telegram cresce in maniera costante, ma lentamente, sono da ricercarsi nel pessimo business-plan dell’applicazione (i servizi a favore delle imprese sono praticamente assenti) e nelle difficoltà che l’app incontra nell’illustrazione dei servizi messi a disposizione degli utenti, nei confronti degli utenti stessi. Personalmente, conosco persone che faticano a comprendere il funzionamento della sola Instant View, figurarsi dunque spiegare il funzionamento di Telesco.pe, Telegra.ph, bot, pagamenti, gamesbot.
Senza la presenza di uno stimolo, difficilmente quest’enorme bacino di utenti deciderà volontariamente di colmare le proprie lacune, nonostante abbiano a disposizione guide dettagliate sull’argomento – ed è proprio per questo motivo che Telegram necessita di influencer molto più di quanto non si aspetti.
L’influencer non è solo lo youtuber o l’instagrammer, ma anche la personalità capace di produrre contenuti di qualità ed attirare una solida base d’utenza
L’influencer è una personalità particolarmente controversa nel panorama italiano poiché rappresentato (e spesso stereotipato) da personaggi di dubbie qualità (morali, intellettuali, artistiche…) ma che sicuramente hanno il vantaggio di svolgere con successo il lavoro assegnatogli.
Un influencer è una potenziale calamita per utenti e la prova che il modello possa funzionare anche su Telegram è riscontrabile nel successo del canale Telegram dello youtuber Anima il quale, nonostante sia abbandonato da più di un anno, ha mantenuto sino a qualche tempo fa la palma di canale più numeroso d’Italia.
Ecco perchè Telegram ha bisogno di un Bill Gates: non necessariamente di un influencer in quanto youtuber, instagrammer o qualsiasi altro frequentatore dei social più in voga, ma una personalità capace di produrre contenuti di qualità servendosi degli strumenti che la piattaforma certamente dispone. Dal formato multimediale – i videomessaggi – a quello testuale – Telegra.ph, i canali stessi – non c’è elemento che non possa essere sfruttato a tale fine; mancano purtroppo quei manovali del pensiero a cui nessun bot potrà sostituirsi. Verranno?
Nell’attesa che qualcuno possa rispondere alla domanda, vi lascio con qualche approfondimento a sostegno di quanto ho fin qui scritto:
- “Come nasce una tendenza“, il Post
- “8 Influencer Marketing Trends That Will Lead You To Success“, John All su Forbes
- “Influencer Marketing on Social Media: Everything You Need To Know“, Christina Newberry su Hootsuite
Se volete dire la vostra o contattarmi privatamente, potete lasciare un commento qui sotto oppure scrivermi a [email protected] o a @guglielmocrottibot.