#Applefun: come e perchè Apple sta cambiando (in peggio) il mondo delle emoji

Apple cambia le emoji secondo la propria etica, sbagliando

Vocativ

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Vi siete mai chiesti perchè, quando Apple decise di modificare le proprie emoji introducendo una pistola ad acqua al posto di una vera arma da fuoco, questo cambiamento si propagò non soltanto su iMessage dove, giustamente, Apple detiene il monopolio delle espressioni ma anche su WhatsApp, Telegram e Signal?

Perchè queste applicazioni, utilizzate in totale da più di un miliardo di persone – che si odiano cordialmente – fanno uso delle emoji di Apple: siete pronti per sapere cosa succede quali sono le conseguenze di questo sistema di gestione delle emoticon?

Apple e la censura

Che la casa di Cupertino abbia qualche difficoltà nella gestione delle emoji, non è nè una sorpresa nè una novità: la società possiede uno stretto codice etico che si riflette all’interno delle linee-guida che le consentono di decidere quali prodotti possono essere venduti attraverso i propri canali di distribuzione, e quali invece devono subire l’infame destino della rimozione forzata.

Gli esempi sono molteplici, ma probabilmente ve ne sono due che risaltano agli occhi per via dell’estrema chiarezza del trattamento riservato da Apple ai trasgressori: Vine e Telegram. La prima nel 2013 subì un aumento massiccio di contenuti pornografici ospitati nei propri server, uno degli argomenti di cui Apple preferisce non sentire nè parlare, nè tantomeno vedere nei propri store.

Uno dei molteplici avvertimenti adottati da Vine

Applicazioni come 500px vennero espulse dall’App Store per via della presenza di fotografie ritraenti nudi e parti intime tra le raccolte degli utenti e ci si sarebbe aspettati che la stessa sorte sarebbe toccata anche al social network ma, probabilmente accordando un trattamento di favore ad un’azienda da sempre amica ed alleata, Tim Cook preferì concedere a Twitter il tempo di introdurre filtri per hashtag abitualmente utilizzati per la ricerca di contenuti per adulti (“#boobs, #porn” e via discorrendo).

Per quanto riguarda Telegram, la situazione è similare: gli utenti a cui capiti in sorte di utilizzare contemporaneamente un iPhone ed un account Telegram sono costretti a fare a meno di canali pornografici e di bot che consentano di eseguire il download di elementi multimediali pirata, da piattaforme come YouTube o SoundCloud. Restrizioni che non esistono su Android, ma che devono essere accettate dall’app di chat per evitare l’espulsione dall’App Store.

Il potere di Apple sulle emoji

Apple dunque possiede un codice rigido e severo, che non consente nè concede sconti a nessuno – nonostante il trattamento di favore, Vine ha comunque dovuto introdurre limitazioni alla ricerca di materiali a sfondo sessuale.

Naturalmente, di questo atteggiamento non viene fatto sfoggio solamente nella revisione dell’ammissibilità delle applicazioni presenti sull’App Store, ma in ogni ambito e servizio in cui Apple sia coinvolta, anche se non direttamente o principalmente. Tra questi campi d’intervento culturale troviamo anche il mondo delle emoji: Apple fa parte infatti dell’Unicode Consortium, l’organismo preposto alla selezione delle emoji che ogni anno, ad ogni aggiornamento del catalogo, vengono aggiunte negli smartphone di tutti gli utenti.

Una tazza con un’emoji del set in uso su Facebook Messenger – diverso da quello sperimentato sul sito del social network

Ma nonostante si tratti di uno standard universale, il catalogo fornito dall’Unicode Consortium è ampiamente maneggiabile dalle società produttrici. Non solo infatti Apple, Microsoft, Twitter, Facebook e Google – che pure sono membri votanti dell’istituzione – possiedono i propri set personalizzati di emoji, realizzati secondo lo stile grafico a loro più congeniale, ma persino aziende come Samsung, HTC ed LG possono permettersi di attribuire il proprio tocco d’artista ai codici che vengono distribuiti annualmente, e che rappresentano più che altro una lista dei personaggi a cui attenersi, piuttosto che linee-guida (come quelle di Google sul Material Design, per esempio).

Per tale motivo, Apple ha potuto permettersi di fare il proprio, personale gioco anche nel campo delle emoticon: nel 2016, con l’esplosione dei conflitti etnici e sociali tra i corpi di polizia americana e la popolazione di colore, Apple decise di modificare l’emoji della pistola con una più innocua arma ad acqua, proprio dopo aver impedito – insieme a Microsoft – l’introduzione di un carattere riferito ad una mitragliatrice.

Apple emoji
La tanto discussa “butt peach”

La forza della censura di Apple aveva già dato segni di vita nel 2014 quando, in una delle prime versioni di Mac OS X, scomparvero le emoji della sigaretta, pistola, bomba, ago, pillola e coltello (quasi fossero proprio quelle a scatenare la violenza, sia online che nella vita reale) mentre nel 2016 minacciò – con i fatti, chiaramente – di rimuovere la tanto discussa “butt peach, l’emoji della pesca che, secondo molti, ricorda le forme del fondoschiena umano. Nello stesso anno si era poi resa protagonista della più grande rivoluzione nel campo delle emoticons, rendendosi la principale promotrice dell’arrivo di faccine suddivise per razza e sesso, oltre che l’introduzione di una bandiera arcobaleno (con simpatia di Tim Cook, dichiarato sostenitore LGBT).

Il grande vecchio

Apple dunque decide di modificare le icone delle emoji secondo il proprio stile e gusto, e non è nemmeno l’unica azienda a compiere scelte discutibili in campo di design: recentemente, Google ha dovuto completamente sbarazzarsi delle blob emoji, emoticons molto particolari e distinguibili ma scarsamente compatibili con gli altri set, fatto che rendeva difficoltoso il loro utilizzo su piattaforme come Facebook, Twitter o Instagram.

Ma se i cambiamenti delle emoji di Google coinvolgono solamente le app di chat affiliate alla società – Allo e Hangouts, la cui base d’utenza è ormai ininfluente – quelli apportati da Apple hanno conseguenze su oltre 1,3 miliardi di utenti, tanto è larga la user-base delle app Telegram, WhatsApp, Slack e Signal combinate. E se è vero che le emoji possono avere una profonda influenza culturale su utenti che hanno ha che fare con chat ed emoticons tutti i giorni – specialmente i più giovani – non possiamo (probabilmente) lamentarci dell’irreprensibilità con cui Apple prende a cuore la propria missione.

Piuttosto, ci preoccupa l’arbitrarietà delle decisioni: ma, in fondo, cosa sarà peggio, la pistola ad acqua di Apple o la chiesa senza croci di Facebook?

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