Lo spam è un problema riscontrabile in ogni ambito, dai siti web sino alle app di messaggistica, e può assumere forme non convenzionali: mentre però all’interno di un portale online possono essere utilizzati mezzi di ostruzione nei confronti di siti e indirizzi IP dei quali gli spammer si servono per accrescere la propria popolarità online, nelle app di chat la vicenda diventa decisamente più complicata. Nominalmente infatti i gestori dei sistemi di messaggistica non sono in grado di prendere visione dei contenuti scambiati dagli utenti, i quali sono disponibili unicamente sotto forma di linee di codice crittografate.
A quanto pare però WhatsApp sembra aver trovato un metodo di controllo dei messaggi anti-spam che, se funzionante, verrebbe implementato nella piattaforma: siete pronti per scoprire i dettagli del nuovo brevetto?
WhatsApp brevetta un filtro anti-spam
I messaggi spam su WhatsApp sono ormai diventati una minaccia comune nel mondo della messaggistica e non c’è occasione in cui quotidiani e siti d’informazione dedicati non si premurino d’informare i propri lettori dei pericoli di truffa, raggiro e download di applicazioni malevole che tale attività di spam può causare, abbassando al contempo il grado di credibilità della piattaforma.

Mentre applicazioni di messaggistica concorrenti come Telegram hanno ovviato al problema introducendo un sistema di segnalazioni tra utenti funzionale unicamente all’interno di una piattaforma digitalizzata ed inter-connessa (ma che sta suscitando sempre più malumori per via della mancanza effettiva di controllo da parte del team sulle segnalazioni stesse che possono limitare le prerogative di un utente anche per mesi), WhatsApp ha deciso di affidarsi ad una tecnologia più adatta alla propria architettura. Dato che l’app di chat non ha un accesso diretto ai messaggi degli utenti poichè crittografati da un algoritmo virtualmente inespugnabile – e ci mancherebbe altro, aggiungiamo noi – non è possibile controllare direttamente il contenuto di un messaggio; occorre dunque procedere su un piano differente adottando simili precauzioni.
Questo è quanto prevede il nuovo brevetto US8918473B1 registrato da WhatsApp: un sistema di analisi che principalmente registri quante volte un medesimo messaggio viene diffuso ad un numero sufficientemente ampio di destinatari per suscitare l’attenzione del sistema di controllo. Supponendo infatti che uno spammer non modifichi ad ogni invio il proprio messaggio spam ma si limiti ad una funzione di broadcasting nei confronti di una vasta rosa di contatti, WhatsApp è in grado di identificare quante volte tale messaggio viene inviato a differenti destinatari.

Naturalmente non si tratta dell’unico sistema di monitoraggio capace di attirare le attenzioni del team di supervisione: insieme al rateo d’invio si uniscono altri fattori quali il numero di blocchi ricevuti da contatti presenti nella lista del numero-spammer (un contatto spammer sarà con molta probabilità bloccato dopo l’invio del primo messaggio, contrariamente a tutte le altre forme di utente) e la percentuale di facilità con cui tale numero viene bloccato rispetto alla media. Una volta che il sospetto si concretizza, il contatto viene inserito in una “lista d’osservazione” e, se le azioni di spamming vengono reiterate, il profilo WhatsApp potrebbe subire un ban permanente.
La privacy comunque sarebbe salvaguardata poichè WhatsApp non è fisicamente in grado di accedere ai messaggi sino a che questi vengono crittografati dall’algoritmo Axolotl, lo stesso implementato su Allo e sulle chat segrete di Facebook.
Naturalmente non tutti i brevetti vengono implementati e sarà necessario attendere ulteriori sviluppi; si tratterebbe comunque del primo, significativo passo di WhatsApp nella lotta contro lo spam, che finora si limita ad una blanda pagina nelle FAQ del sito.
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