#Applefun: Perchè iOS riceve app, giochi e aggiornamenti prima di Android?

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Si tratta di una domanda che qualsiasi utente Android tende a porsi nel momento in cui un’app tanto attesa viene rilasciata in esclusiva su iOS, o quando viene a sapere che l’aggiornamento per la propria app di messaggistica o FPS preferito è stato ritardato a causa dei lunghi tempi impiegati dal processo di revisione di Apple: perchè su iOS le applicazioni vengono rilasciate prima che su Android? O per quale motivo accada mai il contrario?

Non esiste un’unica risposta a questa domanda, ma varie spiegazioni (tutte plausibili) che possono aiutarci a comprendere una simile politica: costi, vantaggi e persino preferenze personali dello sviluppatore. Siete pronti per scoprire perchè su iOS le app vengono rilasciate prima che su Android?

Just a matter of business

Guerre, accordi diplomatici ed infine aggiornamenti e rilasci di applicazioni: il denaro è il principale motore di avviamento dei più grandi processi geopolitici e il mondo delle applicazioni non ne è assolutamente estraneo.

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Se Android è più popolare di iOS, perchè è più svantaggiato?

Per quale motivo uno sviluppatore dovrebbe però preferire iOS ad Android basandosi unicamente sul criterio economico? Prendendo come punto di riferimento le statistiche di settore, risulterebbe decisamente più sensato accordare le proprie preferenze al sistema operativo di Google il quale occupa il 65% dell’intero mercato smartphone/tablet, mentre iOS si deve accontentare di uno striminzito 27,96% (AGGIORNAMENTO 2: secondo le statistiche aggiornate al febbraio 2019, Android si attesta al 69,58% delle percentuali di distribuzioni, mentre iOS sale al 28,66%, in calo dal 2018).

I numeri però cominciano ad invertirsi nel momento in cui si prende in considerazione la tendenza da parte della stessa utenza a spendere denaro in app e giochi: nonostante il 50% delle app scaricate dal Play Store siano freemium – ossia con acquisti in-app – e queste rappresentino il 98% dei guadagni totali generati dal market di Google, ogni utente Android tende a spendere 0,43$ contro i 1,08$ degli utenti iOS; questi ultimi sono più propensi a compiere acquisti all’interno di un gioco per l’acquisizione di power app o per il download diretto di applicazioni – anche su iOS i giochi freemium rappresentano il 95% delle entrate totali.

Gli utenti iOS spendono mediamente più di 500€ per l’acquisto di un dispositivo nonostante siano consapevoli che il prezzo del prodotto sia superiore al suo valore reale; ciò lascia intendere che un utente iOS – dati alla mano – sarà più propenso ad accettare l’imposizione diretta di un pagamento piuttosto che l’opzione freemium? Non necessariamente: Super Mario Rundi cui abbiamo recentemente parlato in un confronto con Pokémon GO – è stato scaricato milioni di volte, ma solamente il 3,3% dell’utenza totale giocante avrebbe realmente pagato i 10$ necessari per sbloccare il gioco completo. Ciò dunque deve suggerire che non tutti i giochi freemium su iOS si rivelano realmente tali se è necessario completare un pagamento per poter godere effettivamente dei contenuti di un gioco, nè che un utente iOS sia disposto ad accettare qualunque sopruso.

Arrrh!

La pirateria è un problema così diffuso? A quanto pare sì, sebbene molti degli utenti Android interrogati in merito sarebbero in grado di negare qualsiasi responsabilità o coinvolgimento, i dati in possesso degli sviluppatori parlano da soli e sono in grado di registrare una situazione a tinte fosche per coloro che decidessero di rilasciare una copia a pagamento diretto su Google Play.

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Per gli sviluppatori di Monument Valley, la pirateria è un serio problema

Stando infatti a quanto riportato dai developers del popolarissimo gioco Monument Valley, nel 2015 solamente il 5% degli utenti Android in possesso della loro app aveva legittimamente acquistato la propria copia da Google Play, mentre tutti gli altri – a parte coloro che ne erano entrati in possesso tramite giveaway e release gratuite personali – avevano semplicemente condotto una breve ricerca su qualche store pirata online, rischiando magari di ottenere insieme al gioco anche un malware. Nel 2014 lo sviluppatore del gioco “Back to Bed” affermò che il 90% della propria utenza era pirata.

Non che su iOS il fenomeno della pirateria sia inesistente: i developers di Ustwo Games riportarono infatti che il 40% della propria utenza nel sistema operativo di Apple era legittima, lasciando intendere che dunque il rimanente 60% avesse comunque ottenuto per vie traverse la propria versione di Monument Valley. Si tratta comunque di una differenza del 35%.

Per tale motivo i developers tendono a rilasciare le proprie app in esclusiva su iOS per poi procedere all’upload su Google Play qualche tempo più tardi: una casa di sviluppo indipendente non può permettersi di fallire perchè il 90% della propria utenza non ha mai veramente acquistato il gioco – e, solitamente, un gioco a pagamento diretto non contiene acquisti in-app dai quali la software house può sperare di recuperare quanto perduto.

Sempre sulla base di tali report su Google Play i giochi freemium tendono ad essere la maggioranza, ed in percentuale maggiore rispetto che sull’App Store: un gioco freemium non può essere piratato in quanto già gratuito, mentre l’ottenimento di bonus e punteggi più alti tramite trucchi e versioni modificate dei file APK è un procedimento decisamente poco diffuso e molto spesso scomodo ed insicuro.

Per quanto siano presenti in minima quantità nella classifica generale delle app più piratate (ma la popolarità di un’app o gioco è data anche dalla sua iniziale reperibilità, fattore rispetto al quale le app freemium dispongono di un vantaggio competitivo decisivo), la quasi totalità delle app a pagamento sono piratate

AGGIORNAMENTO: un nuovo report fornito dal laboratorio di analisi PiracyApp ci consente di disporre di una panoramica più completa sulle differenze di trattamento fornite dai pirati nei confronti delle app premium e freemium (ossia gratis, ma complete di IAP). Secondo infatti i dati, nella classifica delle 100 applicazioni più piratate solo 8 di queste sono premium (anche se le proporzioni si ribaltano se ci limitiamo ai giochi: il 53% dei titoli piratati è a pagamento) – invalidando così il precedente ragionamento sulle opportunità che la pirateria di un’app gratuita, ma dotata di acquisti in-app possa offrire.

Ma è proprio così? No – anzi: sempre nello stesso report scopriamo che ben 9 installazioni su 10 (95%) di app premium su Android sono pirata: la spiegazione della scarsa incidenza del numero di app a pagamento (appena l’8%) sul novero delle app complessivamente piratate è da cercare nella loro percentuale di diffusione – esse costituiscono solo il 12% delle app presenti su Android.

Revisione e sincronizzazione

Se però un tale ragionamento può risultare sensato quando si prendono in considerazione applicazioni che prevedono acquisti in-app o pagamenti al primo download, quale può essere la spiegazione quando l’aggiornamento di un’app di chat o di un social network richiede che si svolga contemporaneamente su entrambi i market?

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No, il prezzo non centra – sempre

Esigenze di compatibilità, principalmente: se su Android i controlli tendono ad essere molto meno puntigliosi, l’App Store è famoso per la meticolosità con cui i contenuti di ciascun update vengono singolarmente e precisamente revisionati – ed alle volte respinti, così come testimonia una pagina Wikipedia esclusivamente dedicata ad esclusioni “celebri” dallo store di Apple.

L’attesa però non può essere spezzata se i sistemi sono collegati tra loro: qualora Telegram introducesse le chiamate vocali (AGGIORNAMENTO: l’ha fatto), sarebbe svantaggioso – se non deleterio – costringere la propria utenza Android a controllare il sistema operativo del proprio contatto nell’attesa che Apple approvi finalmente l’update. Ecco dunque perchè molti aggiornamenti necessitano un rilascio contemporaneo.

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