Telegram prende la privacy “troppo seriamente”, secondo il New York Times

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Nasce come protesta, ma finisce per assumere i tratti di una notizia più che felice: Telegram prende la privacy “troppo seriamente” secondo il New York Times, che cita interventi degli esperti del settore e soprattutto le connessioni che Telegram avrebbe con lo Stato Islamico (unilaterali, ci mancherebbe).

D’altronde non si tratta di una polemica nè nuova, nè limitata al ristretto ambiente dei critto-analisti: in seguito all’ondata di attentati avvenuti in Francia, gli incaricati del governo parigino avevano proposto, in coordinazione con i propri colleghi tedeschi, di porre un limite alla crittografia applicabile dalle app di chat, nominando espressamente Telegram e le pericolose preferenze attuate dai terroristi nei confronti dell’applicazione russa.

Siete pronti per scoprire perchè Telegram prenderebbe la privacy troppo seriamente, e perchè si tratterebbe di una buona notizia?

Il problema è la prevenzione

L’idea nacque al ministro degli interni francese Bernard Cazeneuve durante un incontro bilaterale con il proprio omologo tedesco, Thomas de Maizière: per arginare la minaccia del terrorismo è necessario che si ponga un limite al livello di crittografia applicabile dalle app di messaggistica, lasciando la possibilità a giudici ed incaricati delle forze di sicurezza di accedere alle comunicazioni fra utenti qualora la gravità della situazione lo richieda.

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Telegram è troppo sicuro?

Nonostante il dibattito sorto nelle settimane successive abbia coinvolto soprattutto WhatsApp e il livello di crittografia applicato alle conversazioni ospitate all’interno della propria piattaforma tramite protocollo Axolotl, Cazeneuve aveva esplicitamente dichiarato a chi si stesse riferendo quando parlava di una “possibile limitazione al livello di crittografia applicabile“: Telegram, scelta in più occasioni dai terroristi dello Stato Islamico come strumento di comunicazione ed organizzazione degli attentati.

Non soltanto dunque propaganda: nonostante in seguito all’attentato di Parigi avvenuto il novembre scorso Telegram avesse provveduto a chiudere forzatamente quasi 80 canali legati allo Stato Islamico (che cos’è un canale Telegram?), nemmeno l’accusa di aver in qualche modo aiutato gli integralisti ad organizzare gli assalti ad una coppia di poliziotte e ad una chiesa in Normandia – durante il quale un sacerdote cattolico aveva perso drammaticamente la vita –  aveva potuto smuovere Durov dalla sua ferrea posizione super-liberitaria.

Cazeneuve aveva accusato Telegram di scarsa collaborazione, e di rimando Durov aveva risposto che nessuno aveva provveduto a mettersi in contatto con l’azienda, e che in ogni caso Telegram non sarebbe stato in grado di fornire i contenuti di una Chat Segreta dato che le informazioni scambiate attraverso non vengono salvate nei server della società.

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No, non saranno i terroristi islamici a far abbassare a Telegram il livello di crittografia

E le maniere forti non sarebbero nemmeno d’aiuto: Mounir Mahjoubi, presidente del National Digital Council (un organo istituito da Sarkozy ma indipendente dal governo francese), intervistato dal New York Times ha raccontato che “Telegram ha fatto di tutto per rendere un incubo tecnologico la ricerca dei propri server“. Mahjoubi è contrario a qualsiasi limitazione della crittografia da parte delle app di chat, ma è comunque necessario che si crei una forma di collaborazione internazionale per aiutare i governi a rispettare lo stato di diritto senza intaccare la privacy degli utenti.

Un fatto è sicuro: qualora Telegram dovesse allargare le maglie della propria crittografia, nulla vieterebbe ai terroristi di scegliere un’alternativa altrettanto sicura (Threema, i cui server sono protetti dalla legge Svizzera; Signal, il cui algoritmo è virtualmente inaccessibile; Antox, il cui download è già per sè un’avventura…). Il problema non è la privacy degli utenti che si affidano a Telegram, il guaio è la mancata prevenzione dei servizi segreti francesi che avrebbero potuto evitare buona parte degli attentati. Telegram – e come lei tante altre app di chat che hanno fatto della sicurezza una missione – ha a cuore la sorte delle informazioni dell’utenza, e se c’è proprio qualcosa da non biasimare è la coerenza con la quale porta all’applicazione la propria politica in merito (al contrario di qualcun altro).

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