Linkiesta è il migliore canale Telegram, il resto è ipocrisia – EDIToriale
C’è stato un periodo in cui Telegram era diventata la moda del momento; come tutte le bolle di sapone, questo bizzarro e quantomeno particolare quarto d’ora di celebrità era svanito in fretta, ma era stato comunque sufficiente perchè i media tradizionali si accorgessero dell’esistenza di una piattaforma alternativa a WhatsApp, ed insieme anche i loro lettori.
Quale fu però il meccanismo che portò Telegram al centro del palcoscenico consentendogli di godere dell’acclamazione della folla? Ho eseguito qualche ricerca, e sono giunto alla conclusione che tutto sia nato dalla decisione di Papa Francesco di aprire un canale Telegram dedicato al tempo di Quaresima, con commenti giornalieri al Vangelo, aggiornamenti, comunicazioni, inaugurato con un messaggio vocale del Papa stesso, fatto inaudito e mai accaduto prima.
Si potrà criticare Papa Francesco in molti modi – persino io non gli ho risparmiato pesanti osservazioni – ma chiunque rifiutasse di considerare la massima autorità della Santa Romana Chiesa come uno dei più grandi comunicatori sociali del nostro tempo, sarebbe in errore o in malafede.
Il messaggio vocale fu dunque un successo: Repubblica, il Corriere della Sera ed altre prestigiose testate si profusero in approfondimenti e commenti, alcune arrivando ad aprire un canale Telegram a loro volta. La copertura mediatica durò per un periodo di tempo sorprendentemente lungo, sino alle calende di maggio; poi, inevitabilmente, l’attenzione calò e il trend quotidiano riprese inesorabile. Scrivere in termini positivi di Telegram doveva aver stuccato molti redattori, tanto più che nei mesi successivi l’app venne nominata solamente per accostamenti con l’ISIS, i terroristi islamici ed altri babau della società occidentale.
Cosa è rimasto oggi di quell’armata brancaleone di paladini nostrani? Macerie, e poco più. I quotidiani che si sono dimostrati coerenti con sè stessi e con il proprio canale Telegram si contano sulle dita di una mano: il Corriere dello Sport, Repubblica, Donna Moderna… E Linkiesta.
Pane, formattazione e ipocrisia
Ciò che non sono riuscito mai a digerire dei canali “ufficiali” (ossia non soltanto quelli relativi all’attuale speculazione, i quotidiani, ma anche i canali di YouTuber, influencer e quant’altro di aberrante la società mediatica abbia mai partorito) è la mancanza di formattazione nei post pubblicati e consegnati ai propri utenti. Perchè canali piccoli o grandi, ma comunque gestiti da amatori e non-professionisti, riescono a surclassare la blasonata concorrenza sfoggiando una cura del dettaglio che nessuno dei media principali sembra riguardare?

Nel caso dei canali amatoriali la ragione del successo è spesso da ricercare – o, almeno, così dovrebbe essere – nella qualità e nell’impegno profuso nell’organizzazione dei contenuti, e nella capacità dei suoi amministratori di industriarsi per trovare il bot più adatto alla gestione dei post. I canali ufficiali, invece, dovrebbero essere gestiti da Social Media Marketer (ossia esperti di social media marketing, l’arte di utilizzare al meglio gli strumenti sociali), esperti, laureati ma soprattutto consapevoli sui meccanismi interni alla piattaforma che vengono incaricati di gestire.
E dire che abbiamo persino pubblicato un articolo interamente dedicato ai bot necessari per amministrare un canale, da @markdownrobot che permette di formattare il testo sino a @Proposerbot, con il quale mettersi in contatto con i propri lettori senza però diffondere alcun username pubblico.
La formattazione non è una condicio sine qua non in quanto tutti i canali Telegram dei principali quotidiani italiani non fanno assolutamente uso di bold o italic, ovviando a tale mancanza con uno stile di pubblicazione cadenzato, metodico, quasi familiare. Perlomeno, quelli che hanno saputo trovarlo.
Bocciati
Personalmente reputo la coerenza con sè stessi, i propri valori e le proprie convinzioni il primo e massimo criterio di valutazione; tale unità di misura non viene impiegata solamente sulle persone, ma la estendo direttamente sui canali Telegram che ho avuto modo di conoscere e di valutare.
Cosa dunque pensare dei canali Telegram di riviste online come Vice News e Wired? La prima, da sempre ritrovo di radical chic, giovani cool e piacenti progressisti, non ha potuto fare a meno di accodarsi al trend del momento lanciando un canale Telegram. Dotato di uno stile di pubblicazione alquanto confuso, ma basato su una miscela abbastanza convincente di stralci di articoli, immagini e GIF, ha lentamente abbassato il numero post quotidiani sino ad esaurirsi del tutto, come la falda acquifera di un’oasi sahariana. Eppure la formula pareva funzionare, dato che le pubblicazioni inerenti agli avvenimenti di maggiore portata possedevano visualizzazioni quasi raddoppiate rispetto al numero di membri – e, credetemi, è un risultato dannatamente buono.
Il canale di Wired ha avuto un decorso simile, anche se la morte, annunciata più volte ma avvenuta soltanto il 27 luglio, è stata repentina ma quasi indolore. Un solo post quotidiano (alle volte sì, alle volte no), magari accompagnato da una GIF o persino da uno sticker (nella storia trimestrale del canale c’è soltanto uno sticker, facente parte del set “Weed“, dedicato alla marijuana. Imprescindibile per una rivista dedicata alla tecnologia, infettata poi dal morbo liberal che non lascia scampo). Un po’ ipocrita, se consideriamo l’approfondimento, sintetico ma completo, dedicato a Telegram nel mese di marzo e balzato subito ai primi posti della classifica SEO (una fortunata coincidenza?).
Sugli altri c’è veramente poco da dire: ilGiornale ha fatto una timida apparizione per poi silenziarsi; Libero Quotidiano ha consumato evidentemente troppo in fretta le proprie cartucce tanto da finirle già il 14 aprile, la Stampa ha alternato GIF ed emoji super-simpatiche a settimane di silenzio (sino a zittirsi del tutto in seguito alla convention repubblicana del 22 luglio). Tutti gli altri, non pervenuti.
… e promossi
Fortunatamente, non tutti i quotidiani hanno spezzato il mio tenero cuore di utente Telegram e vorace lettore: la Repubblica continua, imperterrita, la sua pubblicazione giornaliera di tre articoli – si tratta di una media alla buona, ma che si avvicina alla realtà – Donna Moderna ha adottato un approccio più familiare che personalmente non mi ispira più di tanto ma di cui apprezzo la caparbietà; Il Corriere dello Sport e TuttoSport non emozionano come una parata di Zoff, ma resistono.
Ed, infine, c’è Linkiesta: protagonista finale di un EDIToriale che la suggeriva sin dal titolo – anche se il giro percorso per arrivarci è stato piuttosto largo, lo ammetto – è stata promossa dal mio, personalissimo sistema di valutazione a “Miglior canale Telegram” relativo alla sfera dei quotidiani e delle testate online (auguri, felicitazioni, ecc. ecc.).
Le pubblicazioni sono sempre le stesse, tutte uguali: un solo post al giorno, dal lunedì al venerdì, atto a raccogliere i migliori articoli della giornata seguendo la formula [(emoji + introduzione) + 3*(descrizione articolo + emoji + link) + (emoji + Bonus track)]. Poche cantonate, pochi sgarri alla regola. Se non conoscessi Linkiesta come uno dei più irriverenti e provocatori siti di informazione, potrei persino arrivare ad immaginare un monaco amanuense che, al posto di un libro miniato, ogni pomeriggio feriale, alle 18:00, pubblica un post sul canale Telegram.
Gli articoli sono spesso impertinenti, molti arrivano quasi ad infastidirmi con le tesi contraddittorie e alle volte indifendibili, ma sono sempre credibili, sostenuti da fonti valide e mai urlati; per questo motivo, puntualmente, mi ritrovo ad attendere il loro post quotidiano, e rimango quasi deluso quando mi accorgo che è sabato e non venerdì.
Per farla breve, il canale di Linkiesta è per ora il miglior canale gestito da una testata; mi auguro che non smettano mai (di immettere ossigeno in una piattaforma che ha tremendamente bisogno di riconoscimento da parte dei media ufficiali) ma soprattutto che gli altri osservino e imparino. Non occorrono GIF scintillanti o sticker ggggiovani, ma cervello e capacità. Tanto di cappello al Social Media Marketer che ha avuto l’idea, ed al sito che ha avuto il coraggio di portarla avanti.
Se questo EDIToriale ti è piaciuto, allora ti consiglio di dare un’occhiata a I 6 tipi di utenti Android: dopo tanto parlare, due risate sono l’ideale.
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