Perchè Google non chiuderà Google+ (ed altre leggende) – EDIToriale
No, Google non chiuderà Google+: lo sta solo ristrutturando
Una scissione che ha fatto molto più rumore di quanto sarebbe stato lecito aspettarsi: la separazione tra Google+ e YouTube ha infatti provocato una scossa tellurica nel Web, muovendo faglie sotterranee mai del tutto sepolte e riportando alla luce l’antico astio nei confronti del social network di Google, l’ultimo di una serie di tentativi (che Macitynet non ha mancato di farci notare, ma di questo ne parleremo nei paragrafi finali) più o meno riusciti.
Se Google+ sia da considerarsi morto, o perlomeno in avanzato stadio di decomposizione, possiamo rassicurarvi: no, Google+ è vivo e vegeto, nonostante alcuni colpi sotto la cintura subiti più dalla parte amica che dagli avversari. Già, perchè piuttosto che essere infastidito dalla concorrenza (alquanto agguerrita, ma non nei suoi confronti) Google+ sta cercando di parare gli assist maldestri di un Google che non sembra avere una strategia troppo ben definita nei confronti della sua creatura social, ma che piuttosto tenta timidamente di avvicinare l’utenza ad una piattaforma geniale, a cui però è mancato quel settore mediatico e marketing di cui invece Facebook ha abbondantemente sfruttato l’impatto sociale.
In questo EDIToriale vi esporrò tutte le ragioni, le motivazioni e le smentite che potrete apporre in una discussione con i soliti e prevedibili critici di Google+.
Un terremoto di magnitudine 8.1
Prima di iniziare però quest’EDIToriale, è bene fornire una piccola contestualizzazione: la fine del monopolio di Google+ nei commenti di YouTube e la precedente chiusura di Google+ Photos è stato il motivo scatenante anche se, a mio parere, si è trattato di troppo rumore per due avvenimenti da ridimensionare nella loro portata.

La scelta di chiudere Google+ Photos è stata sicuramente obbligata, da parte della compagnia di Mountain View, per via delle recenti manovre a livello di servizi forniti all’utenza, ed in particolare a seguito dell’ultimo Google I/O 2015: così come vi avevamo spiegato a suo tempo, l’evento del Moscone Center si era caratterizzato tra le altre cose per la rivelazione di Google Photos, un sistema di archiviazione cloud illimitato e con un nuovo e potente algoritmo nascosto dietro un sistema di riconoscimento di facce, luoghi ed eventi. Google Photos, forte anche dell’ampio clamore mediatico offerto dal palco della conferenza, aveva riscosso un successo abominevolmente grande rispetto allo scarso appeal di Google+ Photos, e la presenza di due prodotti così superficialmente simili ha spinto la compagnia a chiudere il secondo, diventato anche superfluo.
Più controverso è il ragionamento che ha portato Google a togliere l’obbligatorietà del profilo Google+ per accedere ai commenti di YouTube, i quali venivano poi postati o meno, a seconda delle preferenze dell’utente, sullo stream dell’account social.
Se qualche mese fa la decisione di accorpare i due tipi di profilo in un unico account era stata accolta da una serie di critiche, le più accese delle quali arrivarono proprio dall’utenza YouTube, oggi sembra ancora più strano che l’azienda abbia deciso di tornare sui propri passi: un’ammissione di sconfitta o quantomeno un’incertezza che a livello di strategia commerciale non può che dare voce ai detrattori e suscitare sfiducia e malcontento nella fan-base di Google+. Ma anche di questo ne parleremo nei paragrafi successivi.
Google sta uccidendo Google+?
Questa domanda mi è sorta durante la lettura di un articolo pubblicato da Tom Dawson su Android HeadLines, che potete leggere QUI: nelle poche righe di commento a caldo riguardo la separazione di Google+ da YouTube, Tom si chiede se non sia Google il più grande nemico di Google+, dato che lentamente la compagnia sta frammentando il proprio social network in pezzi sempre più piccoli.

Google+ Photos che viene trasbordato in Google Photos, YouTube che torna ad essere indipendente (ma non scollegato) da Google+ ed infine, aggiungo io, la chiusura di Tablescape, che poteva essere un mezzo assai intelligente per portare sul social network una categoria d’utenza da sempre relegata negli stretti confini di Instagram, i foodgraphers. Sempre Tom afferma che se per gli utenti Android il matrimonio forzato tra YouTube e Google+ poteva non essere un poi così gran fastidio (prima o poi tutti gli utenti Android hanno creato un profilo Google+, anche solo per soddisfare le insistenti richieste di Google) dato che il login non veniva richiesto dopo la prima volta, su PC il discorso era molto diverso, specialmente se si è soliti cancellare frequentemente le cache.
Di pochi giorni è poi la notizia che Google+ sarà scollegato da altri servizi che ostacolavano la “focalizzazione” di Google+, tra cui il beta-testig delle app, per il quale appunto possedere un profilo del social network non sarà più necessario.
Integrazioni poco intelligenti, passi falsi e mancanza di una chiara strategia: possibile che Google+ sia così vicino al fallimento? No, e vi spiego anche il perchè.
Il falso mito di un Google+ deserto
La leggenda narra che Google+ sia vuoto: un grande contenitore ricco di utenti, tre quarti dei quali però inattivi, poco frequenti nelle loro attività dato che passerebbero non più di tre minuti al mese nel gestire le relazioni con le proprie cerchie contro invece i più di duecento minuti di Facebook.
Naturalmente, in quanto leggenda, la validità di tale affermazione è molto discutibile: a contribuirne la diffusione fu però qualche tempo fa un utente (per l’appunto) di Google+, tale Edward Morbius (uno pseudonimo preso in prestito dal film “Il pianeta proibito“), il quale diffuse i risultati di una sua analisi riguardo il numero di utenti attivi ed inattivi sul social network di Mountain View, riscuotendo una risonanza planetaria tanto che prestigiose testate, anche italiane, si prodigarono nel diffonderne i dati.
Non starò a spiegarvi l’immonda imprecisione di un lavoro che, possedendo solo in apparenza i presupposti scientifici di una ricerca, altro non era se non l’ennesimo tentativo di screditare Google+ da parte di un suo storico detrattore, Morbius stesso che pure il suo seguito maggiore lo trova proprio su G+.

I nostri amici di TuttoAndroid si sono infatti prodigati nello smontare, pezzo per pezzo, la tesi di Morbius (e vi invito a leggere QUI l’articolo a tal proposito), ma per riassumerne i contenuti vi basterà sapere che tale analisi è stata compiuta su un campione di 283 profili, i quali naturalmente dovrebbero riassumere il comportamento dei più di 2 miliardi di utenti che Google+ ospita. Ci rendiamo conto da noi che Google+ è molto più disabitato in proporzione al numero virtuale dei suoi abitanti, ma ci pare ridicolo dare credito a conclusioni denigratorie che prendono in considerazione un numero così ristretto di account.
Infine, un piccolo dato che forse vi sorprenderà: Twitter possiede meno account attivi di Google+; i 300 milioni di account attivi di Google+ superano di misura i 284 di Twitter, ma è significativo come, pur essendo stata diffusa da un sito d’informazione tecnologica celebre come Wired, tale notizia non abbia avuto praticamente seguito nei media nazionali. Forse perchè da molta più soddisfazione sparare sulla croce rossa.
Declino e rinascita di Google+
Il numero di utenti però non giustifica le azioni recentemente intraprese da Google nei confronti della sua creatura sociale: per quale ragione dunque la compagnia di Mountain View non avrebbe intenzione di chiudere Google+, a dispetto delle apparenze?

Innanzitutto dobbiamo fare un salto indietro nel tempo, tornando ai giorni in cui Google+ non era altro che un progetto nella testa di Vic Gundotra, uno dei collaboratori più stretti di Larry Page e principale ispiratore del social network. A differenza di tutti gli altri progetti dedicati al social networking nati (e poi morti) sotto l’ala di Google, inizialmente concepiti da start-up o piccole divisioni interne e poi acquisite o potenziate nel numero di operatori attivi al loro interno, Google+ è stato immediatamente presentato all’intero di team di sviluppo come un’impresa mastodontica: in soli 100 giorni (poco più di tre mesi) più di 1000 ingegneri e sviluppatori hanno intensamente lavorato per portarlo alla luce, in tutti i suoi pregi e difetti.
Ammettere la sconfitta, ancora una volta e soprattutto ad uno stadio relativamente positivo dei lavori (Google+ è il terzo social network del mondo per utenti attivi, ed ha avuto la capacità di coagulare a sè gli appassionati ed i sostenitori di Android e più in generale dei prodotti Google), dopo tanto impegno ma soprattutto tanti soldi impiegati, sarebbe ben poco intelligente a livello strategico.
Bisogna poi tenere conto di un ben preciso fattore a cui pochi hanno prestato attenzione, ma che possiede le caratteristiche giuste per essere la chiave di volta del nostro ragionamento: agli inizi del 2014 Vic Gundotra ha rassegnato le dimissioni da dirigente Google affidando le redini di Google+ a David Besbris, il quale aveva lavorato a stretto contatto con Gundotra nei primi mesi del lancio del social network.
Sei mesi dopo anche Besbris era stato rimosso dall’incarico, venendo rimpiazzato con un altro funzionario Google di vecchia data, Bradley Horowitz. Una delle prime azioni di Horowitz fu appunto quella di postare nel suo blog un articolo a proposito delle sue prossime mosse riguardo Google+, asserendo che lo Stream sarebbe stato accantonato a favore del settore fotografico e di condivisione del social network.

Cosa può significare tutto ciò? L’addio dell’uomo che aveva creato Google+ può comportare un definitivo smarrimento della mission originaria? Spero proprio di sì, e tale auspicio sembrerebbe essere anche supportato dai fatti: Gundotra infatti, e Besbris con lui, aveva sempre concepito Google+ come un rivale di Facebook, riuscendo però a creare un clone mal riuscito con caratteristiche interessanti ma poco sviluppate.
Con l’arrivo di Horowitz si è subito incominciato a respirare un’aria diversa, e l’approdo delle Raccolte (un elemento che apprezzo tantissimo di Google+), oltre al progetto di Tablescape, rafforza questa mia convinzione. È inutile tentare di creare un prodotto unicum per tutti i servizi di Google e costringere i clienti a venirne a contatto, volenti o nolenti: meglio concentrarsi su ciò che Google+ può davvero offrire (Community, Raccolte, le Cerchie) e smettere di rincorrere un rivale che ormai ha ben poco d’attrattivo per l’utenza più matura.
A caccia di avvoltoi
Infine, mi riservo l’ultimo paragrafo per sparare qualche cartuccia contro gli avvoltoi che in questi giorni non hanno perso tempo nell’attaccare Google+, accusandolo – tra le altre cose – di essere uno zombie, un morto che cammina e un malato terribilmente grave.

Agli “amici” di Macitynet, che si sono subito prodigati nello scrivere un articolo in cui ci ricordavano con calda simpatia l’elenco dei fallimenti di Google nel campo dei social network (augurandosi che Google+ presto o tardi diventi l’ultimo anello di questa scia di morte), ricordiamo che non solo Google+ si sente benissimo in quanto a salute, ma che anche il primo ed unico tentativo di Apple nel dare vita ad un social network si è risolto con un clamoroso buco nell’acqua.

Dedicheremo all’ingloriosa storia di Ping, social network musicale nato dalla mente di nientepopodimeno che Steve Jobs, l’intero #Applefun della prossima settimana, ma vi basti sapere che durante la sua vita fu subissato da critiche da parte dei media, dell’utenza e persino degli artisti che vi collaboravano per via dello spamming continuo, della presenza di account falsi che prendevano le veci di cantanti ed artisti e della limitata accessibilità del prodotto, presente solo in 23 stati su più di 180.
Dopo questo scotto, definito da Tim Cook come “uno dei grandi errori di Apple“, la compagnia di Cupertino non si è più spesa nel campo dei social network: ritirarsi e darsi per vinti non è certo una caratteristica di cui vantarsi, e proprio per questo consigliamo a Macitynet di controllare gli scheletri nel proprio armadio, prima di esporre trionfanti quelli (neanche tanto nascosti) degli altri.
Queste sono le conclusioni riportate dopo più di una settimana di ricerche sul web, a difesa e sostegno di tutti coloro che pensano che Google+ sia un social network migliore di Facebook, o quantomeno un buon prodotto, e per nulla “morto” o “malato”. Pertanto vi invito a diffondere questo EDIToriale, e a condividerlo sui principali social network, cercando, nel nostro piccolo, di fare aprire gli occhi a tanti che non darebbero un centesimo a Google+. Vi invito poi, se siete interessati, a dare un’occhiata QUI all’altro EDIToriale riguardo la verità su Clean Master, e su tutte le ombre che si nascondono dietro quest’applicazione.
Se avete qualche domanda, contestazione o perplessità da rivolgermi in merito a questo EDIToriale, lasciate pure il vostro pensiero nella barra dei commenti qui sotto, oppure inviatemi una mail all’indirizzo [email protected]! E non dimenticatevi di seguirmi in uno dei miei profili social e di iscrivervi alla newsletter di AppElmo!